Postfazione a “Gran Varietà” di Paolo Vincenti: omaggio al potere della parola e alla sua capacità di in-cantare

di Maria Antonietta Epifani

Il linguaggio con il quale noi parliamo con gli altri, quello di tutti i giorni, si è modificato man mano in un linguaggio nel quale è difficile trovare la parola giusta, un linguaggio che porta a poco a poco a superficializzare i rapporti umani, appiattendoli nel dire consueto.

Essendo originariamente incantesimi, le parole conservavano ancora intatta la vis primordiale del suono che crea e dà contenuto alla realtà immaginata.  L’energia segreta della parola è stata custodita nella parola stessa, che può essere parlata, cantata e dunque ascoltata. Il soffio, l’alito della parola “incantata”, diviene strumento di attivazione di quel principio terapeutico interno alla realtà che ci consente di “leggere” la stessa realtà, condividerla e comunicarla.

Paolo Vincenti, ricercatore, scrittore e saggista, questo lo ha compreso, consegnandoci un saggio avido di conoscenza che non rimane chiusa nel suo forziere, ma che consegna alla comunità di lettori perché ne possano fare tesoro. Infatti, “i diletti e le divagazioni erudite, interessi, ansie e ilarità aggallano in questo libello che, pur con i suoi pregi e difetti, fra articoli, aggi e note, costituisce, negli elzeviri qui raccolti, un significativo squarcio del più recente periodo della mia vita”, dirà l’autore. Il suo è un parlare autentico che ha attinto alla ricchezza espressiva della nostra lingua e ha recuperato anche i perimetri destinati al silenzio. Le parole, in un continuo inseguirsi, formano una trama appetitosa: il risultato è una raccolta stuzzicante che permette al lettore di entrare in spazi insoliti.  E così, l’autore alterna parole “domenicali” a parole “feriali”, parole cariche di senso a parole svuotate, esperimenti verbali a consuetudini consolidate, pescando nella curiosità e creatività linguistica tipica del bambino, spazio elettivo dove il prestare attenzione è, ai suoi occhi, estremamente importante.

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