La figlia di Manfredo, Bartolomea, sposò Marsilio II da Carrara1, principe di Padova, e morì a Brescia nel 1333; venne sepolta alle spalle dell’altare della cappella di S. Giacomo (oggi S. Felice) nella basilica del Santo a Padova. Il marito ben presto passò a seconde nozze con Beatrice da Correggio, dei signori di Parma e in stretta parentela con gli Scaligeri e da quella signoria erano stati scacciati dai De Rossi, parenti di Marsilio.
La Vecchia Padova così descrive le nuove nozze di Marsilio II: “Le nozze avvennero a Verona nel 1334 e gli scaligeri stessi invitarono tutti i nobili e le gentildonne della città a loro soggette e quelli di Padova intervenendo in massa portando vistosi regali allo sposo loro concittadino. Vi furono dieci giorni di corte bandita con tavole imbandite a tutte le ore anche per il popolo; vennero date in dono ricche stoffe alle dame, e si fecero spese enormi per dare maggior risalto alla potenza della Signoria”.
Giovanni Battista Verci scrive: “Era morta a Marsilio ne’ giorni addietro Bartolomea de’ Scrovegni sua moglie di nobilissima padovana famiglia, e per quanto fu detto allora, non di morte naturale, ma di veleno. Mostrò di questa morte grandissimo dispiacere almeno in apparenza, ed accompagnolla al sepolcro con pompa splendidissima funerale. Ma finirono ben presto il lutto, e le lagrime, e pensò tosto di dare successione alla sua famiglia non avendo di questa sua prima moglie avuto figliuoli. Le mire politiche della sua ambizione gli suggerirono Beatrice figliuola di Guido da Correggio. Furon ben presto stabiliti gli sponsali, ed eseguite le nozze colla maggiore magnificenza. Egli era ricchissimo di per se, ma pur le città della Marca Trivigiana lo regalarono tutte a gara splendidamente, come persona sopra modo cara agli Scaligeri, e appo loro di grandissima autorità. La sola città di Trivigi gli mandò un dono di seicento fiorini d’oro. A dir il vero le spese furono grandi in Verona in quella occasione; imperciocchè si tenne per dieci giorni una splendidissima Corte bandita, in cui v’ebbe tanta abbondanza di vettovaglie, che per asserzione de’ Cortusi avrebbe potuto saziare abbondantemente tutta la Città. Furono a quella festa donate quattrocento vesti, si tennero giuochi d’asta, giostre, e tornei, e solazzi, e passatempi d’ogni maniera. V’intervennero i Padovani, i Vicentini, i Trivigiani, e tutti gli altri nobili delle Città Scaligere invitati particolarmente con lettera di Alberto dallla Scala, e dello stesso Carrarese. Anche le matrone padovane furono regalate di molte liste preziose; e vesti bellissime ebber i buffoni, e i gicolari, ed in mancanza di queste molto oro, ed argento. In fatti le nozze di un grande principe non potevano essere celebrate con isfarzo maggiore, e dimostrarono anch’esse il lusso grandioso di que’ tempi per sì fatti spettacoli. Se non che furon queste allegrezze alquanto amareggiate in Verona da un gravissimo incendio […]”.
Padre Bernardo Gonzati nel 1853, a proposito della morte di Bartolomea, scriveva: “Hic jacet domina Bartolomea uxor nobilis militis Domini Marsilii De Carrraria. Quae obiit Brixie III MIIIXXXIII- de mensi –November. Qui giace Bartolomea degli Scrovegni moglie dell’illustrissimo combattente Marsilio da Carrara, la quale morì a Brescia il 3 novembre 1333. Queste parole si leggono sul lembo superiore di una pietra sepolcrale che rasente terra sta incassata nel muro dietro l’altare di s. Felice. Va adorno di sculture a mezzorilievo, che rappresentano due angeli tenenti a’ capi estremi il seggio della Vergine che vi sta regalmente seduta col Bambino. D’illustre casato usciva Bartolomea, figlia di Rinaldo, e sorella di quell’Enrico Scrovegni che edificò il tempietto dell’Annunziata nell’Arena di Padova, sulle cui pareti il fiorentino Giotto creava sì rari miracoli”.
Gonzati continua: “Non meno illustri furono le nozze, benchè, tanto infelici, che contrasse con Marsilio II da Carrara. Pochi mesi erano corsi da queste, allorchè ella venne colta da subita morte, mentre stanziava in Brescia, cui erasi dedicata di fresco. Questi fatti avvennero nel 1333 e la nostra iscrizione assegna ad essi il mese di novembre, del quale taccciono gli storici. Qual fosse l’animo di Marsilio nella perdita della sua giovane sposa non si potrebbe dire con certezza: ma le apparenze ce lo mostrano addolorato assai e desideroso di onorarne la memoria. Perciò volle che solenni se ne facessero le eseqie, e la morta salma con onorevole fosse qui trasferita e riposta nella cappella di s. Michele; quella stessa che pochi anni appresso rifabbricata dai marchesi Lupi di Soragna intitolò a s. Giacomo, ora a s. Felice. Ma né gli splendidi funerali né altre siffatte esteriori dimostrazioni valsero a togliere il sospetto che Marsilio avesse avvelenata la moglie. E ne corse voce tra i contemporanei e i posteri. A confermare la quale diede forse cagione e la troppa sollecita scelta della seconda moglie, Beatrice figlia di Guido da Correggio e le sponsalizie più che regali celebrate in Verona il luglio 1334, e i canti, i suoni, i conviti, i torneamenti e le giostre con che si volle porger sollazzo al parentado ed al popolo. E sette mesi soltanto correvano dalla morte di Bartolomea”.
Chi era lo sposo di Bartolomea? Marsilio II da Carrara, signore di Padova dal 1324 al 1328 e una seconda volta dal 1337 al 1338, mantenne ugualmente il potere sulla città tra il 1328 e il 1337 come vicario di Cangrande della Scala. Marsilio non ebbe figli legittimi né dal primo né dal secondo matrimonio, ma lasciò quattro figlie naturali ricordate come Giacoma, Cunizza, Donella, Isabella. E, come scrive S. Collodo, le manifestazioni della politica di Marsilio da Carrara erano “l’eliminazione della moglie…-..e il matrimonio con Beatrice di Correggio, strategicamente più utile”.
Bartolomea era nipote di Enrico Scrovegni (1266-1336) che fu senz’altro la figura più illustre della casata degli Scrovegni. Egli fece erigere la nota cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto nella zona dell’Arena di Padova, e questo gli permise di rafforzare l’amicizia con la Chiesa e consolidare i legami con la nobiltà sposando la sorella di Ubertino da Carrara e in seconde nozze la figlia di Francesco d’Este.
La cappella degli Scrovegni fu costruita con il permesso del vescovo padovano Ottobono Razzi e fu consacrata il 25 marzo 1303, festa dell’Annunciazione. Nel 1307 il pontefice indicò la chiesa con il nome di S. Maria della Carità, nome scelto probabilmente dal committente facendo un uso caritatevole della ricchezza accumulata. Chiara Frugoni (2008) scrive che “la chiesa era stata costruita a spese proprie ad onor e vantaggio della città e del Comune di Padova a suffragio dell’anima sua e dei suoi predecessori”. E quindi andrebbe cancellata l’immagine di Enrico Scrovegni peccatore pentito, committente, di s. Maria della Carità per espiare il peccato di usura suo e del padre e sostituita da quella di “pio benefattore e generoso mecenate”.
Egli volle istituire un colloquio continuo con la sua città e presentarsi con un altro profilo, cioè quello di mecenate. Facendo un uso caritatevole delle ricchezze accumulate, le rimetteva in circolo beneficiando i padovani di doni spirituali. Enrico era perseguitato da Marsilio che cercava di ottenere da lui ingenti somme in contanti, in teoria dovute alla moglie Bartolomea, provenienti dall’eredità di Manfredo che era padre di Bartolomea e fratello di Enrico. Ed è probabile che l’ultima offesa contro Enrico e la sua famiglia sia stata il presunto uxoricidio di Bartolomea per avvelenamento da parte di Marsilio che mirava ad un altro matrimonio politicamente più utile.
Zaramella, a proposito di Bartolomea, scrive: “Sposa di Marsilio II di Carrara, allora governatore di Brescia per conto di Mastino della Scala, forse da lui avvelenata, perché si era incapricciato di Beatrice di Guido di Correggio. Eppure, l’aveva sposata con tanta pompa e festeggiamenti regali appena alcuni mesi prima, come si conveniva alla sorella del ricchissimo Enrico Scrovegni. E la buona Bartolomea Scrovegni fu sepolta nella cappella di s. Michele, che poi diverrà la stupenda cappella di s. Giacomo dell’Altichieri: riposa lì al centro della cappella, dietro l’altare”.
Ma Bartolomea Scrovegni fu seppellita fin dalla morte nella cappella di s. Michele/s. Giacomo/s. Felice?, oppure inizialmente fu sepolta in un’altra cappella? E Zaramella, a tal proposito, cita Benoffi frate, celebre storico, dicendo che la cappella di Santa Caterina (altra cappella laterale del Santo a Padova) era di casato Zabarella, ma prima ancora “appartenesse agli Scrovegni, perché questa casa, forse per espiare le usure di Rinaldo…contribuiva a questa cappella un legato annuo”. Nel 1398, la cappella di S. Caterina fu concessa agli Zabarella che la trasformarono in cappella sepolcrale. E anche padre Sartori, che aveva studiato a lungo il Benoffi “ne accetta il suggerimento, e attribuisce il giuspatronato sulla cappella di s. Caterina prima agli Scrovegni, e dopo 100 anni agli Zabarella. E’ probabile che Bartolomea sia stata seppellita inizialmente nella cappella di Santa Caterina, essendo morta nel 1333, e che poi nel 1372 quando Bonifacio Lupi subentrò nel giuspatronato della cappella di s. Michele abbia trasferito la tomba di Bartolomea già morta da circa quarant’anni. E la stessa versione fa Bourdua nel 1999 dicendo che” la tomba di Bartolomea degli Scrovegni fosse un tempo collocata nella cappella di S. Caterina prima della cessione della stessa agli Zabarella nel 1398”.
L’altra ipotesi è che Bartolomea sia stata seppellita fin dalla sua morte nella cappella di s. Michele e allora, quando furono eseguiti i lavori di restauro nel 1372 furono rinvenute diverse lastre tombali, una delle quali appartenente a Bartolomea degli Scrovegni. Essendo Bartolomea sorella di Enrico e moglie di Marsilio II da Carrara, la presenza della sua lastra tombale potrebbe indicare che la cappella, prima della morte di Bartolomea, appartenesse agli Scrovegni o ai da Carrara. Quando poi subentrò Bonifacio Lupi nel giuspatronato della cappella di s. Michele, la tomba di Bartolomea rimase dov’era, se non altro perché divenuta moglie di Marsilio da Carrrara e quindi divenuta parente dei signori Bonifacio Lupi. Quindi intreccio di parentele con i da Carrara e con gli Scrovegni. La madre di Bonifacio era Legarda, figlia di Guglielmo de ‘Rossi che aveva sposato Donella da Carrara, sorella di Marsilio II da Carrara e questi aveva sposato Bartolomea Scrovegni. La lapide fu solo spostata e collocata dietro l’altare e sotto la Crocefissione.
Michele Tomasi scrive: “Il sepolcro della Scrovegni fu dapprima collocato nella cappella di s. Michele, nel transetto sud della basilica; solo la lastra frontale fu poi trasferita al centro della parte sud della cappella di s. Giacomo, ai piedi del Crocefisso di Altichiero, all’epoca della sua costruzione. Bonifacio Lupi ve la fece murare per esibire i suoi rapporti di parentela, per via materna, tanto con le famiglie Scrovegni, quanto con i Da Carrara. La lastra riprende un tipo duecentesco, modificandolo e mostra la Madonna col Bambino seduta su un trono sorretto da due angeli. Se l’esecuzione è modesta, il tipo di cassa non manca di fierezza, si noterà tuttavia la secchezza dell’epigrafe funeraria che corre lungo il margine superiore. Anche una donna legata alle più potenti famiglie patavine non ricevette dunque un sepolcro che rivaleggiasse con quelli destinati a degli uomini (o coppie)”.
Baldissin Molli afferma: “Il luogo di sepoltura sembrerebbe essere stato dall’inizio il transetto di destra (sempre della cappella di S. Giacomo, ndr) […] può essere che nel rifacimento pittorico e scultoreo voluto da Bonifacio Lupi la sepoltura sia stata spostata e collocata…al centro della parete sud, a livello del pavimento sottostante la grandiosa e innovativa Crocefisisone di Altichiero da Zevio. Del resto al committente faceva gioco l’esibizione delle glorie familiari affidate con tutta evidenza alla sua tomba e a quella speculare dei Rossi tramite i quali si era originata la parentela con i Carraresi, che si arricchiva qui, e in un momento ancora non perfettamente stabilizzato della Signoria, anche del nome degli Scrovegni”.
Nicoletta Giovè Marchioli scrive: “Nel sarcofago incassato al muro dedicato a Bartolomea Scrovegni su cui appare un’immagine della Madonna in trono e non quella della defunta, un epitaffio inciso sul bordo superiore ne ricorda il solo nome accostato a quello del marito, da Carrara, la data e il luogo di morte avvenne a Brescia il 3 novembre 1333. Il caso di Bartolomea è sufficientemente rappresentativo di quello che appare una formulazione usuale della memoria di una donna, che limita fortemente i richiami ai suoi pregi […] e si attribuiscono elogi piuttosto generici. Bartolomea è indicata come moglie di Marsilio da Carrara, quindi è l’uomo ad emergere come protagonista o figura di riferimento. La defunta è onorata in modo indiretto, oscurata dall’ombra incombente e ingombrante dei suoi congiunti maschi e che impedisce una messa a fuoco chiara dell’identità e dell’individualità femminile”
Può darsi che dato il rango del marito, la tomba sepolcrale di Bartolomea fosse più monumentale e a tal proposito Foladore scrive “del Monumento è rimasta solo la fronte murata nella parete centrale della cappella di s. Giacomo; al centro è raffigurata la Madonna in trono con Bambino, sorretta da due angeli, i quali poggiano i piedi su due colonne tortili, finemente lavorate e con l’immagine di due cherubini stilizzati riprodotto nei capitelli. L’intera scena è racchiusa in due cornici, quella superiore a motivi vegetali, quella inferiore a motivi geometrici. L’elogio funebre della nobildonna si legge lungo la cornice superiore della fronte. Confrontando il ricco e imponente apparato iconografico con la brevità dell’iscrizione, emerge chiaramente che l’elemento dominante è l’immagine”.
E per concludere, come dice Zaramella alla pg 702 del suo libro “Enrico Scrovegni, figlio dell’usuraio Reginaldo, condannato all’infermo dantesco, rispose alla terzina di Dante con una cappella fatta affrescare da Giotto all’inizio del XIV secolo, che ora tutti vengono ad ammirare” e si fa rappresentare da Giotto nel Giudizio Universale dalla parte dei salvati dalle pene eterne dell’Inferno.
Nota 1. Marsilio II da Carrara era nato il 1294 e morì nel 1338 e seppellito nell’arca marmorea dell’abbazia di santo Stefano da Carrara; la morte avvenne quattro anni dopo le nozze con Beatrice da Correggio, la quale vedova sposò Giovanni Pepoli di Bologna (1310-1367) da cui ebbe Galeazzo, Francesco, Guido,Taddea, Bartolomea; a sua volta Giovanni Pepoli era vedovo di Caterina figlia di Obizzo della Rosa signore di Sassuolo e dal primo matrimonio aveva avuto Andrea, Taddeo, Romeo.
Bibliografia
www.lavecchiapadova.it, Nozze principesche del Trecento.
G. B. Verci, Storia della Marca Trivigiana e Veronese, Venezia, Stampato da Giacoomo Storti, 1788;
B. Gonzati, La basilica di sant’Antonio di Padova, descritta ed illustrata, Padova, Ed. A. Bianchi, 1853;
S. Collodo, Credito, movimento della proprietà fondiaria e selezione sociale a Padova nel Trecento, L.S. Olschi, 1983;
C. Frugoni, L’affare migliore di enrico. Giotto e la cappella degli Scrovegni, Einaudi Ed., Torino 2008.
V. Zaramella, Guida inedita della Basilica del santo. Quello che della Basilica del Santo non è stato scritto, Padova. Centro studi antoniani, 1996.
A. Sartori, Archivio sartori. Documenti di storia e arte francescana, voll. I-IV, a cura di G. Luisetto, Padova, Biblioteca Antoniana, Basilica del santo, 1983-1989;
L. Bourdua, Death andpatron: Andriolo de Santi, Bonifacio Lupi, and the chapel of San Giacomo in Padua, Il Santo, 39, 3, 1999;
M. Tomasi, Sondaggi in una zona d’ombra: appunti sulla scultura trecentesca al Santo in L. Bertazzo, G. Zampieri (eds), “La Pontificia basilica di Sant’Antonio in Padova”, Roma, L’Erma di Bretschneide, 2001;
G. Baldissin Molli, Devote e colte: le sepolture trecentesche femminili della Basilica di Sant’Antonio di Padova, Prospettive sulla cultura 2023;
N.G. Marchioli, Le epigrafi funerarie trecentesche del Santo, in “Cultura, arte e committenza nella Basilica di Sant’Antonio di Padova nel Trecento”, Atti del Convegno Internazionale di studi, Padova 24-26 maggio 2001, A cura di L. Baggio e M. Benetazzo, Centro Studi Antoniani, 2003;
G. Foladore, Il ricordo della vita e la memoria della morte nelle iscrizioni del corpus epigrafico della Basilica di Sant’Antonio di Padova (secoli XIII-XV), Tesi dottorato di ricerca in Scienze storiche, ciclo XXI, Padova, Università degli Studi di Padova, 2009.