Due sono le linee di tendenza della sua produzione poetica: una è l’amore per il paesaggio, dunque il canto lirico per il Salento, negli elementi geografici che ne connotano il territorio; l’altro è l’amore per i bambini, i suoi diletti scolari, che si sostanzia nelle poesie per l’infanzia, occasionate dai vari avvenimenti, come il natale, la pasqua, la festa della mamma, la festa del papà, insomma quei momenti topici che segnano il calendario scolastico. Quest’ultimo è il filone meno impegnato della sua produzione, più genuino, a tratti naif, in cui non sempre i risultati tengono fede alle intenzioni, sebbene importante per il suo valore documentale, ossia quello di testimonianza di una letteratura pedagogica, all’insegna del latino docere et delectare, una massima che al varco del nuovo millennio è stata certo svuotata di significato, sicuramente trascurata, se non obliata da più moderne forme mediatiche di comunicazione. Lodevole però l’impegno della poetessa la quale, sebbene confessi di scrivere per sé, perché la sua è poesia del nido, degli affetti domestici, poesia fortemente intimistica, tuttavia decide di condividere questi momenti dell’essere con gli altri.
I temi ricorrenti sono: l’amore per il paesaggio, che le fa toccare gli accenti più alti, i momenti di più intensa ispirazione; l’infanzia, come già detto, con tutte le ricorrenze dalle quali è costellata; l’amore per la famiglia e per l’ecumene in cui la famiglia stessa è inserita, vale a dire la comunità dei fedeli, la chiesa; e infine, strettamente collegato a quest’ultimo tema, la fede intensamente vissuta dall’autrice ed espressa soprattutto nell’ultima parte della sua produzione poetica. Il terzo libro si intitola Come frotte di uccelli Versi per bambini (1996), con Prefazione di Mario De Marco, ed è una raccolta, come recita il sottotitolo, di poesiole dedicate all’infanzia, nate, spiega la stessa autrice in una Premessa del libro, in varie occasioni, ossia nelle ricorrenze dell’anno scolastico, quali offerte da parte di un’anima pura, quella dell’insegnante, ad anime altrettante pure ed incorrotte, quali quelle dei suoi allievi. Poesie per le ore liete, che fanno aggio su un lessico semplice, immediato, diretto, con uso di immagini nitide, chiare, come il mondo dei loro destinatari. Il suo libro più compatto e maturo è Onde sulla riva, del 2001, con una Prefazione di Antonio D’Elia il quale definisce “autentica poesia”, quella della signora Romano, “perché palpitante, ispirata, febbrilmente vissuta”.
Le sue poesie esprimono un universale messaggio di condivisione con il tutto. Sembra, quello della poetessa, abbraccio solidale e messaggio di corrispondenza d’amore fraterno con i propri simili. La pace domina nei versi, come uno stato di sospensione del tempo e dello spazio. Nel 2005 pubblica Le gemme dello spirito, con Prefazione di Antonio Stanca, forse il migliore capitolo della sua opera.
L’ultima raccolta è La voce del cuore, 2010, nella quale l’autrice riunisce poesie di amore e di dolore, di gioia e di sconforto, di religiosità e di stupore; come afferma la stessa autrice in una breve Prefazione: “perché non vincere quel senso di riservatezza e comunicare le mie esperienze spirituali? La poesia può avvicinare i cuori”. Giovanna Romano Pagliula scompare il 14 luglio 2020.