Inchiostri 142. Saline

Naturale, allora, vedere un essere umano camminare lungo le mura e i suoi passi infiammarsi, come scrive René Char: «[…] le feu surgissait sur ses pas, faisant de cet homme une lumière de toujours et une torche interrogative» (Éloge d’une Soupçonnée, 1988) – il fuoco s’accendeva sui suoi passi rendendo quest’uomo una luce di sempre e una torcia interrogante.

2.

… e da qualche anno il silenzio odora del fragore della motocicletta di John Berger che, scendendo da Nord, da Quincy, viene a sollevare spruzzi di salmastro lungo l’argine delle saline: lo vedo, sta seduto con la schiena appoggiata contro il muro esterno di Aigues Mortes, mentre disegna nel taccuino e le pagine si trasformano in un nuovo portolano del Mediterraneo. Aleppo: città martire. Sarajevo: città martire. Tripoli: città martire.

Vaste le vicinanze di van Gogh (sì, Char, ancora), a ben pensarci: la Provenza finisce e ricomincia qui, da questa scrittura di acque e di storie umane; l’automutilazione non è, invero, atto d’insania, ma sacrificio offerto a irraggiungibili stelle, mobilissime e roteanti di silenzio: l’artista davanti al campo di grano sovrastato dai corvi vede la violenza della storia e ne chiede ragione.

3.

La leggenda vuole che il poeta abitasse a Carpentras in una casa con un olivo sul tetto: ammirevole invenzione che pretende che lo studio di un poeta, la sua cucina, la sua camera da letto si facciano tutt’uno con le radici dell’albero nobilissimo, che la casa si continui in un tronco lavorato dal vento, attortosi attraverso il tempo, che s’apra in una chioma permeabile alla luce e fruttificante quelle drupe che daranno poi l’olio per condire il pane, addolcire la pelle, amalgamare i colori.

Francesco Petrarca, narra la leggenda, avrebbe liberato la Valchiusa dal mostro che, infestando le acque del Sorga, periodicamente rapiva le fanciulle della regione: nottetempo, impugnata la spada, sarebbe andato incontro al mostro recidendogli il capo – l’opposto del poeta imbelle, deriso dal valente guerriero, ben altro dal poeta debole di corpo e di spirito, pallido chierico asserragliato tremebondo fra inutili carte.

Di Avignone, preziosissimi, rivedo i pallidi segni d’affresco di Simone Martini: Italia e Provenza: sorellanza.

Andirivieni di nomi, da luogo a luogo, di scritture: «Staël est parti, sans un pas dans la neige en se sachant sur le sol de la mer, puis dans la bourre du chemin» (Éloge d’une Soupçonnée) – Staël se n’è andato, non un passo nella neve sapendosi sul suolo del mare, poi nel groviglio del viaggio.

«L’art est fait d’oppression, de tragédie, criblées discontinûment par l’irruption d’une joie qui inonde son site, puis repart» (Éloge d’une Soupçonnée) – l’arte consta di oppressione, di tragedia, perforate in modo discontinuo dall’irrompere di una gioia che ne inonda il luogo, poi riprende il viaggio.

Questa voce è stata pubblicata in Inchiostri di Antonio Devicienti e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *