I resti di Babele 16. I racconti di Mimmo Tardio. Un lungo affetto per la memoria

di Antonio Errico

La memoria bisogna saperla governare, non lasciando varchi aperti all’insolenza della nostalgia, meno che mai all’inganno del rimpianto. Bisogna considerarla per quello che è: una stratificazione di ricordi di occasioni, di incontri, di volti, di voci, di luoghi, di storie, di qualche treno preso, di qualche altro perso. Senza permetterle l’assedio, l’incursione. Dimenticando quello che si deve dimenticare. Ricordando il necessario, l’essenziale. Aveva ragione Eugenio Montale quando diceva:  “Memoria/non è peccato fin che giova. Dopo/è letargo di talpe, abiezione/ che funghisce su sé”.

Sa bene come governare la memoria, Mimmo Tardio. Sa scegliere i tempi e i luoghi, sa che cosa ricordare a lungo, cosa ricordare soltanto per poche righe; sa determinare un equilibrio sapiente tra la memoria necessaria e quella che è superflua, tra quello che ci ha fatti nel modo in cui siamo e quello che se non ci fosse stato non avrebbe cambiato assolutamente nulla del modo in cui siamo. Sono fatti di questa memoria i racconti che Mimmo Tardio ha pubblicato su “Nuovo Quotidiano di Puglia” nel 2024 e che adesso raccoglie in un volume intitolato “Radio e Tv nella terra brindisina”.    

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