di Antonio Montefusco
Il corposo (più di 700 pagine) volume curato da Francesco Stella (in collaborazione con Lucie Doležalová e Danuta Shanzer), dedicato alle letterature latine – al plurale – dell’epoca medievale e moderna, Latin Literatures of Medieval and Early Modern Times in Europe and Beyond. A millennium heritage, John Benjamins, Amsterdam, 2024, è uno strumento che modifica in profondità la nostra percezione dei fenomeni culturali pre-moderni. Il sottotitolo – “a millennium heritage”, e cioè “un patrimonio millenario” – disloca già questa percezione secondo le linee più recenti e aggressivamente aggiornate della riflessione sull’eredità culturale (racchiusa nell’anglismo heritage) e sottrae una disciplina classicamente accademica come la Letteratura latina medievale al destino di puro specialismo che le è riservato nel senso comune, e a volte anche degli studenti di lettere. In uno dei capitoli introduttivi, la studiosa francese Pascale Bourgain mostra come questa enorme riserva di testi e opere sia allo stesso tempo strumento e oggetto di incomprensione per gli studiosi dell’antichità e del medioevo. Possiamo percepire le latinità medievali e moderne come decadenza oppure come strumento di rallentamento dello sviluppo inarrestabile delle lingue volgari o addirittura come una lunga congerie di fonti inaffidabili perché sottoposte continuamente alle pressioni del potere e a una percezione distorta se non addirittura superstiziosa della realtà.
Pregiudiziali di questo tipo hanno pesato, e pesano ancora, nello spazio ridotto che la disciplina universitaria ha nei nostri ordinamenti – per non dire nelle scuole, dove il latino è relegato a un canone ristrettissimo che non varca il IV secolo e che non arriva alla ventina di autori, nonostante gli esametri di Geoffrey de Monmouth dedicati a mago Merlino abbiano ben poco da invidiare a Tibullo e Virgilio, così come la prosa cancelleresca di Tommaso da Capua e Pier della Vigna non è inferiore a quella di Cicerone o di Tacito. Da lungo tempo Francesco Stella (oltre che curatore, autore di uno dei saggi più programmatici del libro) insiste sul ritardo ormai non più sopportabile con l’esigenza di offrire alla coscienza degli studenti un quadro perlomeno europeo, se non globale, della latinità.