“Carlo Porta, trovandosi un giorno in cima del Duomo, fa le sue occorrenze. Si forbisce con una lettera, che il vento porta poi via. Ma la raccoglie un sacrista, che leggendovi il nome di Porta (di cui era entusiasta), va a portarla alla casa di questi. Nè la lettera era sudicia per essere Porta, come il più de’ letterati, stitico… Il sacrista trova il Poeta a tavola: gli espone il perché della visita. Porta ne lo ringrazia di cuore, e per dimostrargli in qualche modo la sua riconoscenza, toglie da un piatto tre o quattro biscotti, li avvolge nella restituitagli lettera, e dona il tutto al sagrista. -“
Carlo Dossi, Note azzurre 2742, Adelphi, Milano 1988 (II edizione), p. 272.