Carteggio Mario Marti – Gianluca Virgilio 1. L’inizio

a cura di Gianluca Virgilio

Nell’imminenza del decennale della scomparsa (4 febbraio 2015) di Mario Marti, metto a disposizione del lettore il mio carteggio con Mario Marti, che ho conservato, come si fa con tutto ciò a cui abbiamo dato e continuiamo a dare una grande importanza affettiva, almeno in relazione alla nostra formazione intellettuale. Il carteggio inizia il 4 giugno 2009, con una lettera di Marti, nella quale l’anziano studioso (il 19 maggio di quell’anno aveva compito 95 anni) mi ringrazia per una recensione al suo volume, Su Dante e il suo tempo con altri scritti di italianistica, Galatina, Congedo Editore, 2009, recensione dal titolo La verità della storia, pubblicata dapprima ne “Il Galatino” del 29 maggio 2009 e poi ne “Il Paese nuovo” del 13 giugno 2009. Da quel momento, con pause più o meno lunghe, il carteggio prosegue fino all’8 marzo 2012, data in cui rispondo alla sua ultima lettera del 4 marzo 2012.

In realtà, il mio primo incontro con Marti era avvenuto ben sedici anni prima del rapporto epistolare che qui si documenta, esattamente il 13 agosto del 1993, come ho rievocato in Di Mario Marti, per Mario Marti, articolo apparso in Una vita per la letteratura. A Mario Marti colleghi e amici per i suoi cento anni, a cura di Mario Spedicato e Marco Leone, Edizioni del Grifo, Lecce 2014, pp. 415-418; poi nel mio Quel che posso dire, Edit Santoro, Galatina 2016, pp. 171-179. Segnalo che in questo scritto ho commesso l’errore cronologico, riportato in entrambe le pubblicazioni cartacee citate, di datare il mio primo incontro con Marti nell’agosto 1995, mentre esso è avvenuto due anni prima, esattamente il 13 agosto 1993, come dimostro negli allegati all’articolo sopra linkato.

Ho ricopiato il testo di tutte le lettere autografe di Marti per agevolarne la lettura, il che non era necessario per le lettere da lui scritte a macchina. Così pure ho riportato le foto della mia corrispondenza scritta al computer, che all’epoca conservavo insieme alle lettere via via ricevute, facendone copia non firmata. Si deve a questa abitudine la loro conservazione.

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