Pertanto ognuno dei saggi raccolti in questo libro intende, implicitamente o in modo dichiarato, ad un tempo rimarcare un tra- guardo raggiunto e individuare nuovi punti di partenza aperti dalla ricerca di De Paola, che per un verso si è mossa nell’alveo (opportunamente calibrato) della storiografia del territorio – con particolare attenzione alla storia economico-sociale della sua Taurisano – per un altro si è contraddistinta per un approccio originale, finalizzato a cogliere legami poco esplorati tra l’antica Terra d’Otranto e l’Europa mediterranea e settentrionale, nel solco tracciato circa sessant’anni fa dal progetto di Storia Patria messo in atto da Pier Fausto Palumbo e attualmente proseguito dalla sezione leccese di Storia Patria. L’accurata conoscenza delle lingue inglese e francese in uso nel Cinque-Seicento, oltre del coevo Latino adottato negli scritti ufficiali, ha consentito in- fatti a De Paola di compulsare produttivamente carte d’archivio inedite e di poter avanzare affascinanti ipotesi, se non proprio di lumeggiare zone rimaste a lungo in ombra.
La prossimità geografica e affettiva degli autori coinvolti non ha impedito loro, direttamente o indirettamente, di porre le risultanze della ricerca di De Paola a confronto con lo stato dell’arte dei più aggiornati studi di settore, rilevandone, assieme ai meriti, anche i limiti, dovuti fra l’altro – non va dimenticato – sia alla non completa definizione di alcune categorie interpretative da parte della storiografia (si pensi al ripensamento delle nozioni di “Controriforma” o di “decadenza” del Seicento) che alle oggettive difficoltà di un lavoro che fino agli inizi di questo secolo non ha potuto giovarsi delle fonti documentarie digitalizzate; opera- zione, questa, peraltro non ancora completata per molti archivi nazionali ed esteri.
Dopo i ricordi degli amici, aprono la parte più
propriamente storico-biografica del volume
gli interventi di Luigi Montonato
e
Antonio Di Seclì. Il primo, da testimone del tempo e dello spazio, ripercorre le tappe essenziali dell’itinerario (non solo geografico) “vaniniano” di De Paola il quale, seguendo la lezione storica di Antonio Corsano, ha cercato di approfondire per quanto possibile la conoscenza dei luoghi e dei contesti culturali attigui ai soggiorni del filosofo per comprenderne il ruolo che in essi ha giocato o che intendeva assumere. Che questi ambienti abbiano potuto influenzare Vanini è fuor di dubbio, ma rimane ancora molto da fare per stabilire modalità e peso della sua partecipazione a movimenti di portata epocale quali la Riforma, il riassetto delle relazioni internazionali alla vigilia della guerra dei Trent’anni, la revisione critica del pensiero aristotelico. Con la connaturata onestà intellettuale, De Paola stesso ha dovuto affidarsi a ragionamenti di tipo analogico per poter avanzare ipotesi credibili sul rapporto fra Vanini e i dinamismi del suo tempo. Montonato non tralascia di informare il lettore, rispettoso di un criterio giornali- stico che privilegia i fatti, sulle vicende che a Taurisano hanno a lungo visto la contrapposizione fra una linea per così dire “politico-amministrativa” e un’altra “scientifico-culturale” intorno alla gestione della figura del Vanini. Due linee destinate a incontrarsi raramente. Inoltre, nella Bibliografia a sua cura, Montonato ci restituisce pure momenti dell’attività giornalistica di un giovanissimo De Paola segnalando alcuni articoli apparsi sulla stampa locale che segnano il suo esordio nella vita pubblica del suo paese.
L’attività giornalistica di De Paola è approfondita dal contri- buto di Di Seclì, che rimarca la funzione propositiva svolta dal periodico «Pagine Taurisanesi» fondato e animato dallo stesso Franco e da altri giovani suoi amici. L’articolo ne analizza i nu- meri, evidenziando l’influenza del giornale quale palestra di formazione sociale e intellettuale per De Paola.
Un’altra parte della produzione di Franco De Paola, finora trascurata rispetto ai suoi studi vaniniani, viene recuperata da Maria Antonietta Bondanese, che identifica tratti del profilo umano dello studioso attraverso i protagonisti di alcune sue monografie, rappresentanti dei ceti presenti in Antico regime. Difatti la ricerca del professore taurisanese ha incrociato i suoi passi con il
poema cavalleresco di Rogeri de Pacienza, non a caso lumeggiato da Mario Marti e scelto quale opera inaugurale di una Col- lana progettata per una “rifondazione della storia della cultura del Salento”, per usare le parole dello stesso Marti. Una esplorazione della “salentinità” – ci ricorda Bondanese – secondo l’accezione datane dallo stesso maestro di Italianistica, rintracciata da un lato nella fastosa coreografia dell’aristocrazia di Terra d’Otranto che gravita intorno ai Del Balzo, celebrata dai versi del de Pacienza; dall’altro dando voce a chi non ha avuto voce, come gli umili destinatari delle indagini fiscali. Le ricerche di De Paola presso l’Archivio di Stato di Napoli, lavorando su carte rese poco praticabili dall’usura del tempo e dall’incuria umana, hanno ridato vita ai microcosmi degli umili emergenti dalle cifre dei rilievi, dei catasti onciari e delle numerazioni dei fuochi, oggetto dei suoi interessi a partire dalla fine degli anni novanta. In essi, senza nulla togliere agli altri campi di elezione, Bondanese rinviene lo spirito più autentico dell’uomo Franco De Paola.
Alla storia economico-sociale si ricollega direttamente Mario Spedicato, già docente di Storia moderna dell’UniSalento e presidente della sezione leccese della Società di Storia Patria per la Puglia, che per primo ha valorizzato in senso storiografico la documentazione fiscale d’Antico regime nello studio della Terra d’Otranto. Il saggio, analizzando i dati raccolti e organizzati da De Paola in tre volumi, individua alcune tendenze di fondo operanti a Taurisano e dintorni nel corso del Cinquecento, registrando alcune significative differenze tra la prima e seconda metà del secolo. Ne emerge un quadro utile, pur con qualche zona d’ombra, a delineare la vitalità e gli stessi tratti identitari originari di una comunità la cui posizione geografica favorisce una non trascurabile crescita economica, la persistenza del rito greco, la presenza di notevoli flussi migratori, l’accoglienza, la convivenza e in parte anche l’integrazione con nuclei ebraici, albanesi e rom.
Nella Francia tappa finale dell’itinerario di Vanini si addentrano direttamente due saggi, che ne offrono suggestivi spaccati utilizzando approcci diversi anche in chiave pluridisciplinare. Il primo, firmato da Marcella Leopizzi, storica della Letteratura francese (UniSalento) e da Francesco Sdao, docente di Geologia (Università della Basilicata), scritto in francese in omaggio alle competenze di traduttore di De Paola, parte da recenti acquisizioni geologiche sulla spedizione di Annibale in Italia per poi ritrovare la figura del condottiero nella produzione letteraria francese del Grand Siècle, che lo adotta quale modello di eroe contrapposto all’imperialismo romano. Analizzando numerosi esempi – il più rilevante è quello di Corneille – Leopizzi vede questa reinterpretazione del Cartaginese come sintomo di un sentimento di insofferenza nei confronti degli italiani tout court molto diffuso nella parte prevalente dei ceti dominanti e, si potrebbe aggiungere, anche del tentativo di recupero in senso positivo di figure estranee alla civiltà occidentale e di quella esalta- zione dell’eroe tragico, di quell’‟anima bella” tanto cara allo spirito romantico che giunge a Chautebriand fino a Flaubert.
Il secondo di questi saggi, opera di Francesco Frisullo e di Paolo Vincenti, ricercatori da tempo abituati a lavorare in tandem, utilizza testi letterari e cronache del tempo per ricostruire il clima politico della Francia primo-seicentesca osservato attraverso le vicende private e pubbliche di un ecclesiastico leccese approdato alla corte di Maria de’ Medici. Stante l’origine della regina reggente, vedova di Enrico IV, e la presenza di personaggi nativi della nostra Penisola nei luoghi che contano, più che di forte risentimento anti-italiano (difficile da definirsi mancando nel Seicento una riconoscibile e salda identità nazionale al nostro Paese) dovremmo parlare di atteggiamento anti-fiorentino, attribuendo a tale connotazione regionale l’ascendenza di Machiavelli, la cui teoria politica è assurta a cifra dell’immoralità e dell’intrigo elevati a strategia di potere. Modalità questa che accomuna le pratiche di tutte le corti europee dei secoli XVII-XVIII dove, a causa delle politiche matrimoniali perseguite dalle monarchie, le regine “madri” o “consorti” (quasi sempre straniere) portano con sé un seguito di favoriti e di collaboratori del proprio Paese. In tal modo stili di vita, tradizioni, metodi di governo differenti tendono a ibridarsi suscitando la reazione della componente più tradizionalista e autoctona della corte.
Sempre allo stesso periodo
è riferito il saggio di Giuseppe Ca- ramuscio, che riprende i temi e i problemi
posti da un volume
pubblicato da De Paola quarant’anni fa, che raccoglie la corrispondenza fra il giureconsulto napoletano Jacopo Antonio Marta, docente presso l’Università di Padova, e la corte inglese, compresa fra gli anni 1611-1615 e, in Appendice, uno scritto di dot- trina giuridica dello stesso. Nelle intenzioni del curatore, questa documentazione assume una particolare importanza perché di- mostra il tentativo esperito da parte di un intellettuale meridionale – non isolato in quel periodo – di inserirsi nel gioco politico dell’Europa del suo tempo non solo attraverso la mera partecipa- zione al dibattito culturale ma anche ponendosi effettivamente al servizio di alcuni poteri forti in funzione di spie, come nel caso di Marta. Caramuscio discute sul significato di tali operazioni, accostando la figura del giureconsulto a quella del Vanini e di altri personaggi dell’intellighentia meridionale per aggiornare le conclusioni di De Paola, alla luce delle acquisizioni della storio- grafia più recente.
Si collocano su un versante più prospettico gli studi di Roberto Orlando, autore già menzionato, specialista della storia taurisanese e di Rocco Orlando, già docente presso l’Università di Padova. Entrambi si addentrano nella storia del Novecento per rivisitarne due passaggi fondamentali: la transizione, tra fine Ottocento e primi Novecento, del potere amministrativo locale dalla vecchia aristocrazia terriera alla borghesia professionistica e imprenditoriale, che nella fattispecie si manifesta nelle forme di contrasti intrafamiliari. Ogni episodio interno al paese, anche di apparente scarsa rilevanza, rappresenta un pretesto per ribadire un conflitto difficile a spegnersi. Il contributo, che attinge informazioni dalla documentazione custodita presso l’Archivio Storico Comunale e dalla stampa periodica coeva, prosegue idealmente la ricerca di De Paola sugli esiti dell’attuazione delle leggi eversive della feudalità nel Decennio francese (1806-1815), tappa decisiva per la liberalizzazione della proprietà immobiliare e quindi della vita economica nel suo complesso. A Rocco Orlando spetta porre in relazione il fenomeno dell’antifascismo con alcune figure – alcune già studiate, altre meno – di Taurisano e di altri paesi del Basso Salento: le loro vicissitudini, riprese dai fascicoli presenti nell’Archivio Centrale dello Stato, offrono uno spaccato di quella eterogenea umanità che si oppose al regime con convinzione profonda e matura o più semplicemente per pro- testare contro una grave situazione di disagio sociale che la guerra avrebbe peggiorato.
Spiace che in questa operazione di ripresa e di individuazione dei possibili indirizzi di una rinnovata indagine non abbia potuto trovare posto, in qualche modo, l’ultimo lavoro concluso da Franco, la traduzione di un raro testo inglese, costituito dalla documentazione originale prodotta dai Levellers inglesi del Seicento. L’incarico, affidatogli dal prof. Giuseppe Schiavone dell’UniSalento – purtroppo anch’egli venuto a mancare in corso d’opera – era stato accolto dal Nostro con il consueto entusiasmo giovanile e con altrettanta soddisfazione portato a termine. Per giungere all’auspicabile sbocco editoriale, tuttavia, si attende il completamento della curatela da parte della figlia del prof. Schiavone, avv. Elena, che ha assicurato di non far mancare la propria testimonianza di dedizione filiale e di rispetto verso il prof. De Paola.
Anche in questa occasione ci auguriamo che una pubblicazione non rimanga fine a se stessa, ma che i semi che getta, prima o poi, possano fruttificare. Conciliare sinergicamente la tristezza del ricordo con la speranza, rendere presente un’assenza, trasferire energie dal singolo alla collettività, umanizzare la cultura, sono tutte finalità di cui un libro può e deve essere vettore, finalità tutte con- divise da Franco da sempre e finché è rimasto con noi.
Lecce, 29 agosto 2024