Donato Valli e la parodia della scienza nei settenari sdruccioli della Stampita leccese

di Antonio Romano

Abstract

The paper deals with a XVIII c. comedy which has been re-edited by Donato Valli in 2006. The comedy (hereafter Stampita) is written in Sallentinian and is composed by 461 proparoxyton septenaries. These verses result in a sustained rhythm throughout a discussion between three characters about what we may call nowadays an agri-food topic. Two laymen and a physician argue on a technique that was used to reduce the presence of acid in grape fermentation, namely the one which is based on the use of gypsum in the wine. The point is whether this technique improves the product without causing health injuries in wine consumers. Since the language used by the scientist is too much cautious and balanced and does not answer in terms of a clear-cut explanation, both the sceptical layman and his friend decide to go drinking in order to forget what they think a silly discussion. At the end they give the audience the impression they were aware that the technique was mainly motivated by industrial interests. Outside this intriguing content, which may always be seen – mutatis mutandis – as a topical subject, the comedy shows relevant interests for its linguistic structure and the way how the violation of Grice’s maxims and Culpeper’s politeness rules raises comic effects.

Introduzione

La Stampita è una commedia in versi del 1713 che Donato Valli aveva portato all’attenzione della comunità di studiosi in un saggio di 137 pp. pubblicato da SIBA nel 2006 col titolo “Una disputa settecentesca tra scienza gioco e dialetto. Storia dellu mieru cunzatu cu lu gissu”. Il testo discusso appartiene a un libretto stampato a Lecce da Tommaso Mazzei (attivo tra il 1700 e il 1730) e conservato in un esemplare segnalato da Gregorio Contessa presso la biblioteca comunale di Manduria. La disputa presente nelle carte originarie viene descritta come preceduta da un componimento in prosa (“raggionamento”) più un componimento in versi (“capitolo”) di 130 vv. in terzine dantesche. A questa 1a parte di 20 pagine, segue una 2a sezione in prosa di 24 pagine contenente un Dialogo (a firma di tal Nicodemo Scistrate) e una Prefazione (di un altrettanto sconosciuto Settimio Nicomede) e una 3a di 8 pagine contenente i 461 vv. di una “canzone” anonima in settenari sdruccioli. Ci soffermiamo su quest’ultima, la Stampita, nella quale si alternano le battute in dialetto leccese, dei personaggi Lazzaru e Totaru, e le sentenze in italiano di un terzo, il Messere. Sulla Stampita questo contributo propone alcune considerazioni linguistiche di corredo, alla luce di saggi recenti che aiutano a mettere in risalto aspetti della comicità e dell’informatività della commedia.

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