Manco p’a capa 234. Il National Biodiversity Future Center

Stiamo iniziando a capirlo e ad investire anche sull’esplorazione della biodiversità. L’NFBC, così, diventa uno strumento di coordinamento di centinaia di studiosi che, fino ad ora, hanno lavorato con pochissime risorse e in modo scoordinato: è un’iniziativa che ci pone all’avanguardia nel mondo. Una delle finalità del Centro è di rendere accessibili al pubblico le conoscenze attuali e di produrne altre, con le ricerche di chi ne fa parte. Si tratta di ricercatori di Enti Pubblici di Ricerca come il Consiglio Nazionale delle Ricerche (coordinatore del Centro) e la Stazione Zoologica Anton Dohrn, di molte Università, dei Musei di Storia Naturale, e delle associazioni ambientaliste. Da una parte, quindi, il Centro sta producendo nuove conoscenze e nuove competenze e, dall’altra, si sta attrezzando con un Gateway (un Portale…) sia presente in rete, sia con sedi fisiche, in via di realizzazione. L’NFBC ha realizzato una Mostra intitolata Elogio della Biodiversità nel Palazzo delle Esposizioni di Roma, e sta diventando un aggregatore di ricercatori e di industrie che, lo voglio ripetere, mette il nostro paese davvero all’avanguardia a livello mondiale.
I fondi sono quelli del PNRR e servono per creare infrastrutture, reti, laboratori, e nuove competenze. Quei fondi finiranno. Ma grazie ad essi il paese si sta dotando di una capacità di ricerca formidabile, in un argomento cruciale per la nostra sopravvivenza: senza la biodiversità e gli ecosistemi noi non possiamo vivere. Se alteriamo troppo la biodiversità e gli ecosistemi attuali miniamo le premesse per il nostro benessere. Poco male, la vita troverà soluzioni, ma non ne saremo parte. Le conoscenze dell’NFBC dovranno servirci per gestire il nostro operato in modo da non alterare in modo negativo quel che ci permette di vivere. Non si tratta di salvare delfini, balene e tartarughe, ma di salvaguardare il benessere della nostra specie, visto che dipendiamo dalla biodiversità e dagli ecosistemi. Lo so che ho ripetuto il concetto diverse volte, ma il fatto è che non fa parte del nostro bagaglio culturale, che queste cose non si insegnano a scuola. L’NFBC, infatti, sta anche elaborando proposte per ammodernare le nostre offerte didattiche, portando la natura a scuola, dalle elementari all’università.
Starà ai ricercatori dimostrare che l’investimento attuale, episodico, valga la pena di essere sostenuto anche in futuro, realizzando una strategia di conoscenza di come funziona il mondo vivente, per meglio adattarci ai cambiamenti che stiamo nostro malgrado determinando, in modo da ridurne gli effetti e, magari, di restaurare quel che abbiamo rovinato.
Una volta tanto l’Italia è all’avanguardia nel mondo (lo ripeto ancora, perdonatemi) e sta segnando una via che, si spera, sarà d’esempio per altri paesi.
Predico queste cose da trent’anni e mi rimane una sola amarezza: essere andato in pensione, ed essere quindi spettatore, quando, finalmente, quel che chiedevo, spesso da solo, è stato finalmente recepito. Ora faccio l’umarell che guarda i lavori di chi oggi opera. La maggiore soddisfazione è di essere superati dai propri “allievi”, ed è quello che sta avvenendo. Mi consolo dicendo che “ai miei tempi” tutte queste risorse non c’erano. Ora è più facile avere buoni risultati… Ci aspettano, spero, tempi molto interessanti.

[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 29 dicembre 2024]

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