Che questo “piccolo uomo” fosse anche un poeta (stante la sua forte vocazione ‘sentimentale’ nella ricerca e nel pensiero) è peraltro testimoniato da una sua precisa affermazione, riportata in una biografia dedicatagli nel 1996 dallo scrittore gallese Denis Brian. Dice Einstein: «Io non sono positivista. Il positivismo stabilisce che quanto non può essere osservato non esiste. Questa concezione è scientificamente insostenibile, perché è impossibile fare affermazioni valide su ciò che uno “può” o “non può” osservare. Sarebbe come dire: “Solo ciò che noi osserviamo esiste”. Il che è ovviamente falso».
Un latente elogio alla fantasia e alla creatività, espresso ancor più ironicamente in quest’altro suo celebre aforisma: «Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana; ma riguardo all’universo ho ancora dei dubbi».
L’immaginazione, il sogno, il presagio, l’intuizione – componenti certo più romantiche che prettamente scientifiche e razionali – sono state per Einstein altrettanto fondamentali nella sua attività, commista tra reale e immaginario, tra mondo oggettivo e mondo fantastico o impensato. Estremamente indicativa, a tale proposito, quest’altra sua celebre frase: «La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto».
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L’annuncio della clamorosa scoperta, dato a Pisa alle 16.30 del giorno 11 febbraio 2016, e che ha fatto ovviamente il giro del mondo, lasciando strabiliati e ammirati tutti noi comuni mortali), conferma quanto teorizzato ben cento anni fa da Einstein sulle onde gravitazionali: una certezza che, oltre a segnare un grande successo (al quale – sia detto anche con un po’ di legittimo orgoglio – hanno contribuito validamente anche gli scienziati italiani), apre nuove e innumerevoli strade al progresso scientifico.
Sicché, accantonando i vari commenti – spesso qualunquisti, e perfino rozzi, ancorché ovviamente legittimi – che ho avuto modo di leggere sul web (tanto per dirne uno: «Ma le onde gravitazionali si mangiano?»), mi soffermerò sui valori d’innovazione esistenziale, e sulle prospettive di evoluzione che Albert Einstein aveva intuito un secolo fa, trovando oggi conferme, con evidenti balzi in avanti nel settore scientifico e, conseguentemente, anche nel progresso sociale.
È stato chiesto: «Perché spendere soldi e tempo in tali ricerche?». La risposta di un portavoce degli scienziati italiani è stata: «Perché se non lo facessimo, probabilmente saremmo ancora al Medioevo. Si pensi alla sola P.E.T. ovvero la tomografia a emissione di positroni che serve per individuare i tumori; oppure al sincrotrone di Pavia, che accelera protoni e ioni carbonio per curare pazienti con tumori di 23 tipi, non altrimenti trattabili».
Il sapere, in definitiva, è illimitato. Per quanto grande e potente sia, l’uomo – che pure vede oltre il buio, che sa volare come gli uccelli, nuotare e navigare come i pesci, scendere fin negli abissi della terra, e molto altro ancora – non finirà mai di esplorare, indagare, intuire, conoscere.
Questa è la sua e nostra grandezza. E, paradossalmente, il limite.
Non entro volutamente (essendo impegno per me insostenibile, per carenza di adeguate conoscenze scientifiche in materia) sui benefici presenti e futuri di questa scoperta straordinaria. Il ‘messaggio’ che io leggo, e che mi preme diffondere, è soprattutto di natura umanistica, intellettuale, culturale.
Per cui, basti, in definitiva, la seguente messe di pensieri (poetici e spesso anche ironici), che Albert Einstein – oltre alla celeberrima formula E=mc2 – ci ha lasciato in dono: «Non ho alcun talento particolare. Sono solo appassionatamente curioso». «Un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna di esse potrà porne uno». «C’è una forza motrice più forte del vapore, dell’elettricità, dell’energia atomica: la volontà». «Lo studio, la ricerca della verità e della bellezza, sono una sfera di attività, nella quale ci è consentito di rimanere bambini per tutta la vita». «La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre». E infine: «Quando un uomo siede vicino a una ragazza carina per un’ora, sembra che sia passato un minuto. Ma se lo fate sedere su una stufa accesa per un minuto, gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora. Questa è la relatività».
Grande. Immenso!