di Antonio Romano
Nella nostra bella Italia (e non solo), mi è già capitato più volte di soggiornare in paesi e villaggi in cui i locali ricordano che nella storia della loro comunità, in un momento storico variabile caso per caso, era successo che gli abitanti del posto, assediati da vari aggressori, gettassero improvvidamente su di loro generi alimentari che invece avrebbero assicurato agli assediati di poter resistere più a lungo senza approvvigionamenti.
Fino a poco tempo fa, non mi era ancora accaduto di sentirla raccontare nel mio paese d’origine, nel qual pure ho condotto per decenni ricerche linguistiche a sfondo etnografico.
Oltre a discutere una spiegazione di quella che potrebbe essere una recente estensione o il frutto di una manipolazione mediatica, in questa breve scheda cercherò di offrire considerazioni utili a stabilire una separazione netta tra storia e mitologia, a incoraggiare un maggiore senso critico nei confronti delle informazioni che ci giungono da alcuni canali di diffusione (nell’epoca dei social media) e suggerire modestamente – da parte di un sostenitore non-specialista – di coltivare sempre con attenzione gli studi storici. Se un modo per comprendere meglio il passato è quello di osservare il presente, è infatti anche possibile, ovviamente, che una buona conoscenza del passato aiuti a comprendere meglio il presente.
Utile è dire poco di questo articolo-saggio di grande spessore documentario e teoretico, oltre che di rigoroso interesse metodologico e storico. Richiamare (e richiamarci) ad una doverosa responsabilità etica e di accertamento veritativo mi pare una necessità in tempi di blando e inesistente rigore analitico.
Grazie del commento e degli apprezzamenti. È importante aver trovato anche questo canale di connessione. Rispetto ai temi più urgenti dell’attualità, il mio contributo è marginale, ma dalle piccole cose… Speriamo che il futuro ci porti più condivisione e che i media non si allontanino troppo dalla realtà.
Bellissimo testo, misuratamente ironico, molto efficace; mi piace molto la proposta dell’esercizio di una “immaginazione realistica”, se così di può dire, ma purtroppo in molti casi ti ritrovi immerso nella diffusione di notizie false del tutto strampalate ma avallate e certificate dai mezzi di informazione; ma siamo assediati, stai a vedere che anche il prof. Romano e il manipolo di chi la pensa come lui saranno costretti a lanciare le ricotte.
Grazie del commento e del rilievo alla tecnica di riflessione. Oltre a far riflettere meglio chi vede la Storia come materia scolastica e può contribuire a non stereotipare e demonizzare nemici immaginari (in un momento in cui dovremmo ritrovare fratellanza e condivisione)
Caru ‘Ntoni, a parte ti ho scritto qualche amenita’, incompleta, perche’ non avevo letto integralmente il tuo articolo; intorno alla pasta con la ricotta di Parabita hai imbastito, ormai da storico-linguista-semiologo, una vicenda critica degna di quell’altra “alimentare” di Eco “Viaggiare con un salmone”; le indicazioni al pronto-all’uso etico sono diverse e poi tu non sei avvezzo a dare diktat gratuiti quanto a tentare di capire; facciamo cosi’: non c’e’ solo l’intelligenza o la realta’ aumentata ne’, con i tempi che corrono, pane distribuito gratuitamente dai governi assediati, i Des Baux Del Balzo nostrani, ma continuano a sopravvivere gli assedianti ai piedi delle castella, mangiatori di pasta scotta d’orzo alla ricotta; replico: ho capito qualcosa?
Caru Pippi, grazie per questo commento (e del suggestivo richiamo a Eco). In effetti non volevo con questo contributo trattare da ricottari solo gli ingenui autori di questo servizio. Viviamo un momento di forte sbandamento culturale e anche certa intellighentsja mostra un fianco scoperto (evidente persino agli occhi di un ragazzo appena poco più consapevole). Quanto alla questione assedianti-assediati, considerando anche il dato emotivo, neanche la peggiore divulgazione può ancora ridurre la questione in buoni vs. cattivi: con i pochi esempi che ho dato di “immaginazione realistica” (ma il riferimento al periodo angioino-svevo e, prima ancora, greco-normanno), mi prefiggevo di incoraggiare a pensarsi (e a pensare i nostri mitici antenati) tanto da una parte quanto dall’altra.