Il Natale è un canto antico: Enza Pagliara e Dario Muci, “La santa allegrezza”

Il disco è un omaggio ai canti e alle storie popolari giunti a noi per tradizione orale ed è il risultato di un lavoro intrapreso da Enza Pagliara nel 2004. I materiali  presentati sono stati selezionati da archivi sonori, registrazioni sul campo, raccolte dalla stessa Pagliara, libri di Giuseppe Pitrè, dagli studi di Alfredo Majorano. La voce di Enza Pagliara è accompagnata da quelle di Dario Muci e Dario De Micheli, la mandola e il mandolino di Gianluca Longo, la fisarmonica di Antongiulio Galeandro, la tromba e la tuba di Giorgio Distante, il violoncello di Marco Schiavone e le percussioni di Roberto Chiga. Le poesie e filastrocche presenti sono recitate da Annunziata Pagliara,  Angiolina Tarantini, Alma Chiarelli Leopizzi  e Don Franco Lupo. 

Enza Pagliara, “La signora della Taranta”, canta da oltre 15 anni sui palchi di tutto il mondo diffondendo la cultura popolare e folkloristica del Salento e del Mediterraneo, i canti, le leggende, i santi, i miti, le serenate, le nenie. È una delle voci più rappresentative delle tradizioni musicali del Sud Italia a livello internazionale. Dario Muci lavora da sempre per trasformare le storie e i colori del sud in musiche. Polistrumentista, studia e ricerca le musiche mediterranee, balcaniche, greche, albanesi. Nel disco “La santa allegrezza” Pagliara e Muci incarnano voci che vengono da lontano, dalle profondità del tempo, generando melodie nelle quali si inseriscono il salentino e il siciliano, il molfettese e il tarantino, il grico e l’arbereshe: “La strina”, “Lu presepiu”, “Fermarono i cieli”, “Madonna de lu mare”, “Burra e Gra!”, “La santa allegrezza”, “Quando Nascette”, “Kalo Bambinuddhi”, “Nanna di un bambino”, “La notte de Natale”, “Lu viaggiu”, “Concetta Immacolata”, “Le pittule”, “Rindineddha”. L’intreccio tra la ricerca etno-musicale e la tradizione storico-popolare del Natale regalano un’esperienza di sospensione immaginaria che rassomiglia a quel cielo immoto, quell’istante descritto da Giacomo in cui ogni cosa restava immobile – gli uccelli non volavano, gli operai non mangiavano, le pecore non camminavano e il braccio del pastore che tendeva il bastone per percuoterle restava in aria. Attimo riprodotto ogni volta nella stasi del presepio che quasi rievoca quel frangente nel quale il mondo si ritrovò colto nella sospensione di un incanto che, ancora, non sapeva spiegare.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, 24 dicembre 2024]

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