Parole, parole, parole 41. La marea montante dell’analfabetismo

di Rosario Coluccia

Il 6 novembre è uscita la 58a edizione del Rapporto Censis che interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese. Il Rapporto è uno specchio delle reazioni vissute dalla società italiana di fronte problemi complessi che ci troviamo ad affrontare: cambiamenti climatici e moltiplicarsi di eventi catastrofici, guerre, emigrazioni, insicurezza crescente, povertà. Non ho competenze specifiche per parlare di questioni così delicate, ma mi hanno colpito in modo particolare, i sintomi allarmanti di una crescente ignoranza che attraversa l’intera società.

Apparentemente non è così: cresce il numero dei laureati (più di 8 milioni, oltre il 18% della popolazione di età superiore ai 25 anni), si assottiglia sempre di più quello degli analfabeti (260.000, una percentuale minima, su una popolazione di oltre 58 milioni di persone). Sono dati in apparenza confortanti, paiono segnalare enormi progressi rispetto alle condizioni ancora di pochi di pochi decenni, quelli finali del Novecento, quanto avevamo un numero assai inferiore di diplomati e di laureati.  Ma non è così. Percentuali notevoli di italiani mostrano lacune spaventose in storia. Non parlo delle guerre puniche, che qualcuno anni fa invitava non studiare, dicendo che si trattavi di eventi lontani, che non avevano alcun rapporto con il mondo di oggi L’anno in cui Mussolini fu arrestato (1943) è ignoto per il 52% degli italiani, il 30,3 % non conosce l’anno dell’unità d’Italia (1861, eppure poco tempo fa ne abbiamo celebrato la ricorrenza dei 150 anni), la medesima percentuale non sa indicare chi era Giuseppe Mazzini. Non va meglio in letteratura: per il 41,1% L’infinito fu composto da Gabriele D’Annunzio e non da Leopardi; né in arte: per il 32,4% la Cappella Sistina fu affrescata da Giotto o da Leonardo; né in musica: per il 35,9%, l’Inno di Mameli (quello che sentiamo suonare e cantare prima delle partite della nazionale di calcio) fu composto da Giuseppe Verdi (senza neanche badare al fatto che ci sarà una ragione se l’Inno è detto “di Mameli”, appunto). Dati altrettanti sconfortanti riguardano la conoscenza della geografia o della matematica. Questa rubrica tratta di lingua italiana: molti compatrioti non sanno che correrò è futuro di correre.

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