Metodo e passione. Studi sulla modernità letteraria in onore di Antonio Lucio Giannone

In uno dei suoi più recenti volumi, infatti, che già nel titolo – Scritture meridiane. Letteratura in Puglia nel Novecento e oltre (2020) – palesa uno dei filoni principali della sua attività di studioso (che comprende, oltre a quello salentino e latamente pugliese, anche quello novecentesco, soprattutto lirico – Scotellaro, Carlo Levi, Ungaretti, Govoni, Pirandello, Quasimodo, Montale, Sinisgalli, Ortese fra gli altri – nonché la cultura meridionale ottocentesca (Sigismondo Castromediano, Giuseppe Gigli) e i rapporti fra arte e letteratura: moltissimi gli interventi su Delle Site, Sisinni, Barbieri, Suppressa, Greco, Miglietta et alii), la terza sezione, Maestri e amici, dichiara apertamente il debito di riconoscenza dell’allievo verso i maestri Marti e Valli, e insieme la tacita acquisita investitura, di comunanza tematica e metodologica, che dura a tutt’oggi, solo implementata di ulteriori, innovative ricerche.

Presentazione di Metodo e passione che si tenne nella Sala conferenze del Rettorato il 13 dicembre 2023.
Nella foto figurano, da sin.: prof.ssa Maria Grazia Guido, Direttrice del Dipartimento di Studi Umanistici, il Magnifico Rettore, prof. Fabio Pollice e il prof. Antonio Lucio Giannone.

Le “scritture meridiane” si muovono infatti nel solco dello storicismo e della “filologia integrale” di Marti; nel ricordo attivo del recupero, ad opera dello stesso, dei protagonisti, spesso misconosciuti, della «piccola patria» (A.L. Giannone, Scritture meridiane, p. 143) salentina (attraverso anche la «Biblioteca salentina di cultura»), e della rivisitazione e arricchimento, appassionati e rigorosi, prima con Valli, poi con Giannone stesso, di questa mappa inesplorata e fecondissima (il futurismo meridionale, Comi, Bodini, Saponaro, Pagano, Durante, Carrieri, Bernardini, Serricchio, Scorrano; ma anche scrittori e critici salentini di fine Ottocento in collegamento con la Francia: Muscogiuri, Paladini, De Dominicis), con la stessa tensione etica di «sterratore di sentimenti impastati di parole» (dalla Dichiarazione di Valli, in appendice a A.L. Giannone, Scritture meridiane, p. 160).

È proprio la suggestiva triangolazione, tematica e conseguentemente ermeneutica, che anima da decenni Giannone (il Salento con la Puglia; il panorama nazionale ed internazionale: «Il Sud ci fu padre/ e nostra madre l’Europa», Bodini, Dopo la luna, 1956), ad offrire dunque il tema e lo svolgimento di questa miscellanea; dove il lontano giudizio di Valli recensore della prima monografia di Giannone (Bodini prima della Luna, 1982), che avvertiva nell’ «amorosa fatica» (Valli, Prefazione a A.L. Giannone, Bodini prima della «Luna», p.9) del suo allievo «il merito di richiamare per la prima volta l’attenzione critica su aspetti fino allora ignorati, o scarsamente considerati» (ibidem)del poeta leccese, «ponendoci davanti un materiale […] scandito in tempi di unità esistenziale, ideologica, letteraria» (ivi, p. 14), trova il suo inveramento in un’esperienza della letteratura vissuta davvero, come richiamato dai curatori con le parole dello stesso Giannone, «col piacere della scoperta più che della variazione sul tema», «all’insegna di una visione policentrica [della letteratura dell’Otto e del Novecento] e di un’ermeneutica […] in cui l’attenzione esaustiva al testo si lega alla sua significazione storica».

Allo stesso modo, la medesima attenzione dello studioso ai “sentieri nascosti” (come s’intitola un altro suo recente volume di saggi) della modernità letteraria, alle sue personalità ai margini del canone, a percorsi non scontati di ricerca intesa ed esperita come invenire – nella duplice accezione latina dello scoprire e dell’immaginare (che è anche un “precorrere”) – costituisce manifestamente l’accezione, in costante interscambio dialettico con alcuni percorsi ‘già battuti’ dalla tradizione, attraverso cui traguardare gli studi in suo onore.

In questa direzione, paradigmatici sono già i primi contributi del volume che, da quello di Morace (pp. 7-21), a quelli di D’Astore (pp. 23-44) e di Ignacio Ramos-Gay (pp. 45-58), sanciscono quasi programmaticamente la triangolazione metaforica dei “luoghi” letterari giannoniani (Salento e Puglia, Italia ed Europa). I molteplici interscambi con le istituzioni universitarie europee ed internazionali sono altresì testimoniati anche dai saggi di Steven Soper  (pp. 95-124), che incrocia d’altronde un tema di lungo corso per Giannone, intorno al quale ha organizzato anche un Convegno nel 2014, e cioè Sigismondo Castromediano e la cultura risorgimentale; dallo studio del già citato Ramos-Gay; da quello di Srecko Jurisic, che presenta una lettura inedita del Piacere dannunziano (pp. 257-277) e, infine, da quelli di Gouchan (pp. 535-554), che ricorda l’intenso scambio culturale con Giannone sulle figure di Castromediano e Quasimodo, sotto l’egida di un’attenzione generosa e costante alla «cultura meridionale, aspetto già sottolineato dal poeta Vittorio Bodini» (p. 536), di Irene Romera Pintor (Correo español entre bastidores: pp. 685-702) e di Juan Carlos de Miguel y Canuto (pp. 903-920), i quali incrociano l’aspetto della traduzione nelle lingue spagnola e italiana coi ricordi delle Giornate di Studi intitolate a Vittorio Bodini: tra l’Italia e la Spagna del marzo 2018, che ebbero il merito, nelle parole dello stesso Giannone, di «valicare i confini nazionali per diventare oggetto di approfondimento critico nella stessa Spagna che Bodini tanto amò e a cui dedicò buona parte della propria carriera» (p. 687, n.).

Le intersezioni fra il contesto europeo e alcune scritture ai margini, dimensione così profondamente giannoniana, sono al centro di molti saggi nel volume: fra gli altri, quello di Giorgino sull’opera del tarantino Raffaele Carrieri (pp. 739-751), del quale Giannone ha recentemente curato la ristampa dell’opera autobiografica Fame a Montparnasse, quello di Prete sulla traduzione di Valèry ad opera di Macrì (pp. 617-626), quello di Vitelli sulla giovane poesia del lucano Alfonso Guida (pp. 991-1007). Una «simpatia per i minori, […] connettivo insostituibile del complesso e vario tessuto letterario» (p. 415) che Clelia Martignoni riconosce all’opera critica di Giannone anche nel suo contributo su uno scrittore isolato e misconosciuto, come Ugo Bernasconi, ma «dall’indocile ed eccentrico linguaggio letterario» (pp. 415-436), immeritevole di oblio. Nello stesso solco si muove la Verbaro, con la riscoperta dell’opera di Elio Pecora a quarant’anni dalla Chiave di vetro (pp. 945-962) con uno studio sulla «semantica della chiusura» (p. 945) nel poemetto Nel tempo della madre. Epicedio.

È proprio questo movimento eccentrico e insieme centripeto, questo dinamismo fra “centro” e “periferia” letterarie, fra tradizione e scoperta, a connotare il proprium di queste scritture, che hanno il merito di restituirci la mobile e ibrida vicenda della letteratura da fine Settecento ai giorni nostri: in questa direzione vanno anche i saggi di Contorbia (pp. 627-641), di cui il critico denuncia la «iterata, cronica emarginazione di quella zona del corpus [crociano] di cui si sa pochissimo, e cioè la forma intervista» (p. 627) e di Giglio (pp. 151-164) sull’importanza della “forma” giornalistica nella definizione della scrittura realistica della Serao, i quali cercano di restituire, attraverso un paziente lavoro d’archivio e di rinvenimento di documenti inediti, una metodologia cara anche a Giannone, una dimensione nuova e significativa degli autori studiati.

La ricognizione nei territori inesplorati della nostra letteratura, infine, si muove anche all’interno di autori già ampiamente accreditati, ma in rivisitazioni e riletture che ne ridefiniscono i margini già dati: è il caso del saggio della Paino (pp. 571-590), in cui l’Ulisse sabiano si slega dalla dimensione elegiaca della Heimat del “ritornante” per divenire un eroe «alla ricerca di una fuga libertaria» (p. 572),  come di quelli di Pupino (pp. 357-369) che interroga nei Quaderni di Serafino Gubbio Operatore la dimensione del “giuoco” e del “fantastico” che «acquistano realtà per mezzo dell’arte”» (p. 358), di Bonifacino ( pp. 451-470), che in un denso studio sull’archetipo della Madre come portatrice simbolica di vita ‒  in stretta intersezione con la categoria prettamente modernistica del tempo ‒ individua nelle molteplici stratigrafie di questo topos (in   Pirandello e Bontempelli) «l’allegoria dell’Arte: del mistero, […] modernisticamente riattivato nella sua certezza infondata, della Creazione» (p. 467); infine di Guaragnella, il quale, nel suo studio (pp. 279-300), rappresenta il “rovesciamento” derobertiano, in chiave di allegoria vuota («Il giuoco, la perdita, il “resto di niente”, la morte»: sono gli emblemi de La disdetta, p. 299) dell’architesto aureo della civiltà d’Antico Regime, Il Galateo di Della Casa. Un luogo testuale, in definitiva, è sempre mappa di arrivi, ma anche di ritorni e ripartenze: ce lo mostrano i saggi di Santoli (pp. 641-660) attraverso una rilettura «non mistica, ma francescanamente creazionistica» (p. 642) dell’esperienza poetica di Betocchi, e Merola, che ad un ritorno intitola significativamente il suo saggio (pp. 331-356), motivando la sua scelta, «più che ad un ritorno tra tanti, ad una costante nel mio lavoro: […] l’attenzione per la lettura […] per comprendere gli effetti della durata sulle opere» (p. 332).

Lettura, rilettura, rivisitazione, scoperta e riscoperta di un testo: i movimenti delle opere della nostra letteratura, mobili e cangianti, sono anche metafora di un deposito prezioso: quello della nostra memoria letteraria e degli uomini che l’hanno alimentata. Sigillo e chiusura di questa bella miscellanea che si propone questa nobile “continuità” nel tempo, nell’occasione di una dedica sentita ad uno studioso che ne ha colto pienamente, nel rigore appassionato del suo lavoro, il senso, potrebbero essere le parole di Prete a proposito di Macrì in dialogo silenzioso con Bodini: «Il vero dialogo è quello che accade nella lontananza, di tempo e di occasione; un dialogo che è la scrittura, e il ricordo, a tenere vivo» (p. 625).

[In “OBLIO. Osservatorio Bibliografico della Letteratura Italiana Otto-novecentesca”, n. 50, dicembre 2024, pp. 348-352. In allegato, l’Indice del volume recensito]


Presentazione di Metodo e passione che si tenne nella Sala conferenze del Rettorato il 13 dicembre 2023. Da sin.: Antonio Lucio Giannone e i due curatori del volume, Giuseppe Bonifacino e Simone Giorgino.
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1 risposta a Metodo e passione. Studi sulla modernità letteraria in onore di Antonio Lucio Giannone

  1. Antonio Devicienti scrive:

    Credo non si potesse trovare titolo migliore (“Metodo e passione”) per rendere omaggio a un’attività di ricerca e di didattica che, continuando il magistero di Mario Marti e di Donato Valli, motiva una schiera di giovani studiosi a dare voce a una cultura come quella salentina la quale, meridiana e mediterranea, ha e avrà ancora davvero molto da dire (senza provincialismi, né stupidi sciovinismi, né tantomeno ottuso orgoglio fine a sé stesso).

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