Lecce romana, un marchio e le sue potenzialità

di Francesco D’Andria

Per chi si trovi a passare da Piazza S. Oronzo non è difficile spiare attraverso i teli che circondano l’area di scavo dell’anfiteatro romano, proprio sotto la colonna del santo Patrono. All’interno della zona recintata è possibile osservare la parte superiore dei pilastri che circondavano l’ovale del monumento romano, e tratti dei muri nella tecnica costruttiva tipica dell’età di Augusto: l’opus reticulatum, caratterizzato dall’elegante tessitura di piccoli conci romboidali tenuti insieme dalla malta. Ma gli scavi stanno anche facendo emergere una struttura a blocchi di pietra leccese in cui sembra possibile riconoscere parte di una fortificazione, forse il muro di difesa della città, forse di età angioina. Certamente in età medievale la cinta muraria dovette inglobare la mole dell’edificio teatrale romano seguendo poi, verso il lato occidentale della città, il percorso delle mura messapiche. Appare evidente già da questi primi indizi come nuovi elementi potranno emergere per ricostruire la storia della nostra città: dal livello attuale della piazza bisognerà scendere di almeno quattro metri per raggiungere il piano che gli antichi lupienses, nostri concittadini di duemila anni fa, calpestavano per entrare sulle gradinate della cavea e per assistere ai ludi dei gladiatori ed alle cacce di animali esotici (venationes). Non è da stupirsi che queste attività archeologiche abbiano suscitato un grande interesse in città, stimolando discussioni, proposte di valorizzazione, richieste di continuare gli scavi prontamente accolte dal Sindaco Adriana Poli Bortone che ha coinvolto lo stesso Ministro della Cultura Alessandro Giuli.

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