Intervista a Giovanni Rinaldi

di Adele Errico

Quando è maggio, a San Severo si festeggia la Madonna del Soccorso. Nel maggio del 2002, a San Severo, lo storico Giovanni Rinaldi e il regista Alessandro Piva intervistano Severino Cannelonga, figlio di Carmine Cannelonga, bracciante e sindacalista militante, per un documentario Rai sulle rivolte bracciantili. Alla fine dell’intervista, sono alla stazione di San Severo e Severino chiede “Volete sentire la storia di quando ho preso il primo treno della mia vita?”. Così Severino racconta una storia del Secondo Dopoguerra che Rinaldi e Piva non avevano cercato, quella dei Treni dei bambini o Treni speciali o Treni della felicità  che avevano condotto 70.000 bambini dal Mezzogiorno d’Italia all’Italia del Nord. Gli stessi treni che avevano trasportato soldati al fronte o deportato migliaia di persone nei campi di concentramento, sottraggono 70.000 bambini a un destino di degrado.  La comune scoperta di questa storia da parte di Rinaldi e Piva si è tramutata in una ricerca ventennale e ha, poi, assunto due diverse declinazioni, quella dei saggi storici per Rinaldi, “I treni della felicità” (2009) e “C’ero anch’io su quel treno” (Solferino 2021), e quella del film documentario per Piva, “Pasta nera”. Le storie di bambini rimasti soli, bambini vittime di violenza e sfruttamento, bambini cresciuti nella miseria, che vengono accolti da famiglie del Centro Nord – dal Lazio, all’Emilia, alla Lombardia, al Piemonte – disposte a dividere quello che avevano. Non famiglie ricche, ma povere anch’esse. Povere ma solidali. Povere ma ospitali e accoglienti. Un fenomeno di massa guidato da un intenso lavoro logistico da parte dell’UDI (Unione delle donne italiane, coordinate da Teresa Noce, partigiana e politica) con la collaborazione di medici e insegnanti. Trattato da Viola Ardone nel romanzo “Il treno dei bambini” (Einaudi 2019) e da Cristina Comencini nel recentissimo adattamento cinematografico per Netflix, non si può più parlare di un fenomeno sconosciuto o poco conosciuto. Giovanni Rinaldi, che ha lavorato negli ultimi 22 anni alla raccolta di testimonianze dei bambini di allora, ha realizzato una storia dalle molte voci, una storia collettiva.

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