Taccuino di traduzioni 13. Yves Bonnefoy: Psiche innanzi al castello di Amore

BONNEFOY, LORRAIN, PSICHE

Pubblicati nel libro del 1987 Ce qui fut sans lumière (Gallimard) questi versi ispirati dalla pittura di Claude Lorrain trovano una sorta di commento sul finire della conversazione tra Yves Bonnefoy e Daniel Bergez che si può leggere nel volume Il grande spazio (Moretti & Vitali, Bergamo 2008, pp. 117-118): «Una poesia […] s’intitola Psiche davanti al castello d’Amore, titolo che chiaramente allude al celebre quadro di Claude Lorrain. E poiché si tratta di “astri solari” che sono navi, e di “porti” dove questi soli entrano, io penso che non ci siano dubbi che le strofe siano l’evocazione di questo quadro e di tutto questo pittore. Ma allora non si è colti da stupore quando veniamo a sapere che queste navi hanno i loro “fuochi spenti”, che il porto è “in rovina”, e che ovunque si spande la notte, una notte stellata in cui risuonano grida di bambini “dentro camere chiuse”? E non ci si stupirà altrettanto, e anche con un po’ di riprovazione, di sentirmi dire che questa pittura di Claude così compiuta, uno dei suoi capolavori, Psiche davanti al castello d’Amore, non è “altro che un abbozzo”; e che per di più è – cosa non vera – il suo ultimo quadro?
E in effetti è fin troppo chiaro che in questa poesia è di me stesso che parlo, inoltrandomi molto lontano e in gran profondità nei miei ricordi di bambino. E non considero i quadri di Claude Lorrain per quello che sono in realtà, immagino ciò che sarebbero diventati […] se fossi stato io il pittore, con un altro passato e altre fatalità che non quelle di Claude, ma con la stessa visione e, devo dirlo, lo stesso sogno».
Quando leggiamo le quartine della lirica leggiamo dunque un accenno di ékphrasis riferita all’intera pittura di Claude Lorrain, ma che si rovescia in ékprasis (se una tale ékphrasis esiste o può esistere) dello stesso scrivere in poesia di Bonnefoy, di una scrittura che affonda le proprie radici nell’infanzia più remota e che, visionaria come l’arte del pittore, entra in porti sconosciuti avvertendo una sororale prossimità al dolore di Psiche, scacciata per aver voluto spiare il volto di Amore – la poesia moderna rimarrà dunque sempre “nient’altro che uno schizzo, un abbozzo” (anche quando ha chiaramente i tratti del capolavoro)? È essa “dipingere di notte”, sognare sguardi e soli?

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