Noterellando… Costume e malcostume 27. Il terminale della Bellezza?

Come sanno benissimo gli amici – lettori e non – risiedo da molti anni a Roma. Ma pendolo volentieri, e ora più frequentemente che in passato, tra la Capitale e l’amato Salento. Ci torno ogni volta con la massima gioia, e quasi sempre viaggiando in auto. Un po’ guido io, un po’ Teresa, mia moglie, di sicuro più attenta e concentrata di me, che spesso – e soprattutto quando la meta si fa più vicina – sono portato a incantarmi dal mare, dagli ulivi, dalle masserie sparse nelle campagne, e infine dall’aria, e dalla luce speciale, che solo in questo estremo lembo orientale d’Italia riverbera con riflessi quasi di magia.

Di recente, un mesetto fa, Teresa ed io siamo venuti in treno. Freccia Argento Roma-Lecce, in meno di sei ore.

Oggi non si fanno più i lunghi e tormentati viaggi in treno di una volta. Intanto, i treni sono molto più veloci e sicuri. E poi, non c’è più bisogno di risalirli tutti, vagone per vagone, alla ricerca di un sospirato posto a sedere. Ricordate?  «…Libero?», «No: occupato!». Scompartimento dopo scompartimento riprovavi: «…Libero?», «No: occupato!». Magari, girando e rigirando, uno o due posti liberi ti apparivano come un miraggio, e alla fine li trovavi. Ma trovavi anche un certo tizio dallo sguardo finto-mortificato che, alla tua richiesta, poggiava subito sul sedile una valigia o la giacca, attestando che quel posto, in apparenza libero, era riservato per la vecchia nonna che era andata in bagno, o per il cugino, che era sceso a comprare le sigarette…

Vabbè. Roba vecchia. Furberie d’altri tempi.

I treni di oggi garantiscono a tutti i viaggiatori un posto a sedere e ogni altro confort. Sono comodi, veloci, belli, e perfino puntuali.

Anche puliti, naturalmente. Una magnificenza.

Poi, finalmente, arrivi a destinazione: Lecce! L’Atene delle Puglie. La Firenze del Barocco. La Capitale italiana della Cultura 2015. La Patria di Quinto Ennio. La Città che nel Regno di Napoli fu per secoli considerata una seconda Capitale.

Sei dunque nel cuore del Salento. E – ahimè! ahinoi! – comincia subito la sorpresa. L’inquietudine. La delusione.

Se arrivi sul primo binario sei fortunato/fortunata. L’uscita è a due passi.

Se il treno ferma su qualsiasi altra rotaia sono dolori. Perché, per raggiungere l’uscita, si è in tal caso obbligati a scendere nel sottopassaggio, a fare una passeggiatina, e poi risalire. Naturalmente, la stazione ha le scale. Ma non le scale mobili, né tapis-roulant. Devi fare da te, ti devi arrangiare gradino per gradino, anche se sei pluri-bagagliato. In fin dei conti, è una stazione ‘democratica’. Vale per tutti: ricchi e poveri, laureati e analfabeti, uomini e donne, giovani e vecchi, sani e malati.

Per esempio, una mamma che porta il figlioletto in braccio e tira la valigia con l’altro, prima scende dal treno, poi scende dalle scale, e poi le risale. Che ci vuole?… E se ha due figlioletti e una valigia oppure due valigie e un figlioletto? Beh: o ha la fortuna di essere dotata di tre braccia oppure deve fare due viaggi… E se gli rubano una valigia? E se piove? Eh, ma allora, questa mamma qui è proprio sfigata, scusa!

*   *   *

Chiedo scusa anch’io. Per averla presa forse con troppa ironia. Ma la situazione è davvero seria e importante.

Non è peraltro una novità il sempre crescente numero di denunce dei media sull’incuria e il degrado urbano del capoluogo salentino, anche in zone centrali o semi-centrali della città, che parlano di erbacce sui marciapiedi o di cassonetti per la raccolta di vestiti usati, diventati ricettacolo di ratti e affini.

Quanto al degrado specifico della stazione ferroviaria – dove peraltro sono divelti e inesistenti molti sedili nelle zone d’attesa dei viaggiatori, e i bagni pubblici sono in uno stato a dir poco anti-igienico e deplorevole – è di alcuni giorni fa (fine gennaio scorso) un video che ha girato la scrittrice siciliana Catena Fiorello, che non ha mancato di suscitare polemiche.

Fa, insomma, molto male vedere con i propri occhi questo bruttissimo ‘biglietto da visita’ per chi arriva nella nostra terra meravigliosa in treno. Un involgarimento ingiusto e insostenibile, al quale nessuno sembra voler porre riparo.

Siamo davvero arrivati al capolinea, al terminale della Bellezza?

[“Il Galatino” anno XLIX n. 3 del 12 febbraio 2016]

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