Non so se quel giovane avesse ragione a scrivere la teoria folle della vita e a pretendere che gli cambiassero le sue “banconote”, ma francamente non so a che cosa possa indurre a pensare la banana di Cattelan, una comunissima banana fissata alla parete con un nastro adesivo valutata tanti soldi mentre quelle del fruttivendolo, magari anche più belle a vedersi e più buone a mangiarsi non valgono che pochi centesimi. Qual è la differenza? Nessuna! Gli aristotelici, quelli che ritenevano che l’arte è imitazione della natura, quando si trovavano di fronte ad un oggetto riprodotto fedelmente, sbalorditi da tanta perfezione esclamavano con l’iperbole ma questa è opera della natura non dell’arte. La banana di Cattelan non è imitazione né dell’idea di banana né del frutto della terra, è una banalissima banana, un po’ vizza per giunta.
A Oxford intanto una Crocifissione del Beato Angelico (1387-1455) è stata acquistata in questi giorni da un museo inglese per quattro milioni e mezzo di sterline, quasi quanto la banana di Cattelan. La differenza è che mentre la Crocifissione del Beato Angelico verticalizza l’uomo verso il cielo, la banana di Cattelan lo orizzontalizza e lo fa correre al cesso.
Naturalmente chiedo scusa per l’infelice associazione. Ma in argomento di coprolalia non va dimenticata la M… d’artista di Piero Manzoni, confezionata in un barattolino, che fece discutere un po’ di anni fa. Allora viene di pensare che qui si vuole distruggere il concetto di arte, che, come tutti i paradigmi seleziona e stabilisce chi lo è, artista, e chi non lo è; e dunque basta con chi vale cifre iperboliche e chi invece non vale niente. Si sa che quando tutto è arte niente è arte. Ridurre l’arte al livello mangereccio e biologico equivale a offendere quanti ancora a certi valori ci tengono. E per fortuna che, pur nelle differenze politiche e ideologiche che mettono gli uomini di opposte tendenze contro, sulla bellezza, sull’armonia, sull’arte c’è sostanziale accordo. Si può discutere all’infinito sui gusti ma che si tratti di vera arte, quando c’è, non ci possono essere dubbi.
Ma allora perché questi fenomeni di “razionale follia” di considerare arte perfino il respiro di Monica Bellucci alla stregua della Gioconda? È già accaduto di considerare un souvenir l’aria del lago di Como chiusa in un barattolo, ma qui è evidente la trovata turistico-commerciale, un barattolo come un ciondolo, nulla di più. La banana di Cattelan è l’esempio fisico della stranezza dei nostri tempi. Ne abbiamo viste tante e tali nel corso dei secoli e dei millenni che ormai per proporre qualcosa di nuovo dobbiamo ricorrere al banale, all’idiota, al grottesco. È del poeta il fin la meraviglia, diceva Gianbattista Marino, poeta barocco, ma la banana di Cattelan o altre “esternazioni” d’artista non meravigliano più nessuno, semmai mortificano l’individuo a convincersi di essere nato e di vivere nell’era più stupida della storia. Molto più saggio quel giovane che indicava su un pezzo di carta ciò di cui aveva bisogno in quel momento e lo chiamava denaro.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 10 dicembre 2024]