Le contraddizioni delle politiche repressive della Destra in materia di immigrazioni

di Guglielmo Forges Davanzati

La paura della sostituzione etnica, alla quale ha fatto riferimento il Ministro Lollobrigida seguito, più di recente, dal Ministro Valditara, ha due caratteristiche: non ha fondamento razionale (nel senso che è una pulsione che non regge all’analisi dei costi e dei benefici, per le ragioni che vedremo a seguire) e rientra nel novero delle profezie che si auto-avverano. Uno dei massimi studiosi delle discriminazioni razziali – lo svedese Gunnar Myrdal, autore, nel 1944 dell’opera An American Dilemma: The Negro Problem and Modern Democracy – osservava che il razzismo (riferendosi alla discriminazione nel mercato del lavoro statunitense degli immigrati africani negli anni cinquanta), e il suo correlato nativista (la tesi della superiorità morale e produttiva dei nativi) origina da pulsioni, istinti, paure, false credenze sulla “normalità”, che, tuttavia, nel momento in cui si realizzano, si perpetuano spontaneamente acquisendo, nel tempo, un fondamento logico o plausibile. Un esempio utile per comprendere il meccanismo ipotizzato da Myrdal è il seguente: la discriminazione espelle dal mercato del lavoro o tiene basse le retribuzioni di individui appartenenti a date etnie, del tutto indipendentemente dalle loro competenze; questi individui tendono a reagire, per effetti di scoraggiamento o, per converso, di conflittualità, non intenzionalmente, in modo tale da rafforzare la convinzione – in coloro che li discriminano – della razionalità della loro azione. Ad esempio, osserva Myrdal, gli immigrati discriminati tendono a vestirsi in modo inappropriato rispetto agli standard richiesti per ottenere un posto di lavoro, date le convenzioni prevalenti, avvalorando la convinzione che siano meno affidabili – e meno produttivi – dei nativi.

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