Dove (where)?

Per esempio, basta con questo malvezzo di usare l’avverbio di luogo invece di quello di tempo: “in un’epoca dove…”, “è stato un anno dove…” , oppure al posto del pronome relativo: “Mina è una cantante dove ha raggiunto vette altissime”, o al posto del complemento di stato in luogo figurato: “quella dell’ingegnere è una professione dove si richiede estrema perizia”, ecc. ecc. 

Un’altra cattivissima abitudine che riguarda tutti, dallo scarsamente scolarizzato al docente universitario (passando per i livelli intermedi) è quella di utilizzare il congiuntivo imperfetto in luogo del congiuntivo presente. “Che lo facesse lui…”, “che mi dicesse cosa vuole e poi gli faccio sapere”, in spregio della grammatica e della concordanza dei tempi. Non parliamo poi dell’orribile abitudine di usare la locuzione congiuntiva “piuttosto che”, che vale “anziché” (“preferisco la mela piuttosto che la pera”, “meglio fare una passeggiata in campagna piuttosto che respirare lo smog in città”), cioè esprime la preferenza di una cosa rispetto ad un’altra, con funzione disgiuntiva, nel senso di “oppure”: “dobbiamo ancora decidere cosa fare, magari andiamo in pizzeria, piuttosto che al cinema, per trascorrere la serata”, “In Umbria mi piacerebbe visitare Gubbio, piuttosto che Assisi, piuttosto che Spoleto…”, come se le cose fossero equivalenti fra di loro. Vero che nella lingua standard è ormai tutto permesso, ma si sta esagerando con questo italianastro, come lo definisce Lino Patruno. Tornate a scuola, cari miei. Se non vi va di consultare il manuale di grammatica, ascoltate almeno la canzone di Lorenzo Baglioni, Il congiuntivo.

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