Arbeit macht frei

di Paolo Vincenti

Arbeit macht frei, come la scritta che campeggia all’entrata del campo di sterminio di Auschwitz, diventata iconica nell’immaginario popolare, emblematica della bestialità umana. Che beffarda ironia, suscitata dal contrasto fra il significato della frase, “Il lavoro ti rende libero”, e il destino dei deportati in quel campo di sterminio per i quali il lavoro costituiva solo una pausa fra l’imprigionamento e l’esecuzione. Un campo di lavoro che, lungi dal nobilitare l’uomo, lo rendeva invece schiavo, lo reificava, riducendolo ad oggetto inutile, pezzo di scarto, infine vittima sacrificale di una perversa teoria della razza. La scritta era già comparsa a Dachau e poi venne incisa sui cancelli di tutti i campi di concentramento voluti dal regime nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. Arbeit macht frei, come il titolo di un album degli anni Settanta degli Area, un gruppo che ha fatto la storia della musica italiana. Composto, fra gli altri, da Demetrio Stratos, front man del gruppo, Patrick Djivas e Paolo Tofani, si inseriva nel vasto movimento del rock progressive di quegli anni ma con qualcosa in più, cioè una cifra distintiva data dall’incredibile padronanza dei mezzi musicali ed espressivi. Si trattava di musicisti eccellenti. L’album, con delle statuine incatenate con la chiave in mano sulla copertina ed una pistola di cartone allegata al disco, era molto provocatorio, con testi fortemente politici che scossero l’ambiente musicale. Con un misto fra rock, pop, free jazz e musica elettronica, gli Area, grazie alla bellissima voce di Demetrio Stratos, che possedeva un’ incredibile estensione, che giungeva quasi a 7000 Htz, e alla valentia musicale di Djivas, Fariselli & co., divennero ben presto un gruppo di culto nell’ambito dell’avanguardia musicale, apprezzatissimi dalla critica e spesso imitati dalle band venute dopo. Con la loro voglia di sperimentare, grazie all’intervento di tanti musicisti che entrarono a collaborare con la band, con le loro provocazioni musicali, hanno lasciato un’impronta indelebile nella musica d’autore nostrana, con album come Caution Radiation Area (1974), Crac! (1975), Maledetti (maudits) del ’76,Tic & Tac dell’’80, ecc.

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