Su “Le storie dello scirocco” di Paolo Vincenti



Vicende che, da surreali, si fanno realistiche e concrete. Personaggi (dalla famelica Fabrizia, vittima e carnefice di un abnorme gioco maschilista, all’ambiguo e ributtante barone di Gattamelata con la amorale moglie Helena e a tanti altri, onirici e paradossali, nella loro assurda ‘condition humaine’) che si avvicendano, si incontrano e si scontrano, in un piccolo e dimenticato borgo del Sud Italia, trascinando le proprie sofferte vite ed inseguendo un progetto edonistico di piacere, quasi mascherato e proposto (paradossalmente, ma non tanto) come progetto di sopravvivenza alla banalità delle azioni quotidiane.

Così, dietro la traccia apparentemente scontata delle loro vite di ogni giorno, emergono indicibili desideri e diabolici disegni di reciproca appropriazione, momenti dionisiaci di elevazione e atterramenti disperati di frustrazione, che l’Autore racconta con ritmi alternati e con una neutralità che sfiora lo scetticismo ed implica, indirettamente, la condanna. Il tutto avvolto dal soffocante scirocco, vento umido e appiccicoso che trasforma ogni cosa, assunto a metafora palpabile di un male di vivere socio-esistenziale da cui è quasi impossibile fuggire, se non illudendosi, come accade al protagonista.

Una narrazione stimolante, e per certi versi estrema e ‘performativa’, che sceglie di coinvolgere il lettore richiamandolo alle sue, implicite o esplicite, complicità con quella parte dell’immaginario che attiene al non detto, al nascosto, al politicamente e civilmente scorretto, che tuttavia l’Autore riesce a far emergere con l’espediente, stilistico e linguistico, dell’ironia, a tratti volutamente feroce. Lingua e stile sono, infatti, le due risorse, i due grimaldelli che l’Autore usa e sa usare con competenza, ‘caricando’ o attenuando, a seconda delle necessità narrative, per indurre i suoi personaggi a disvelarsi e a rivelare tutta la devastazione psicologica, civile ed etica, che li attraversa.
Un romanzo denso di evocazioni, non solo letterarie, ma sociologiche, storico-politiche e antropologiche, quasi a conferma del fatto che non si scrive (e non si legge) per pura illusione descrittiva, ma soprattutto per vocazione critica e per inquietudine civile.

Con questi presupposti l’incontro con Paolo Vincenti, che a tò Kalon è di casa, avendovi presentato in passato altri suoi libri, si preannuncia carico di curiosità e di interrogativi, di rivelazioni e disvelamenti.
Una serata che l’Autore, come è nel suo stile, contribuirà a rendere ‘performativa’, non solo leggendo e spiegando in prima persona i passaggi fondamentali della sua narrazione, ma anche coinvolgendo il pubblico in una riflessione intensa e appassionata e in un dibattitto serrato e vivificante.

Come, del resto, gli Amici di tò Kalòn ben ‘sanno’ e ben ‘sanno fare’, in un clima di autentica comunità.
Ad animare ulteriormente la serata contribuirà sicuramente l’intervento del Prof. Giuseppe Orsi, pedagogista, docente ed operatore culturale, da anni attento e leggere e rielaborare i processi sistemici e comunicativi che caratterizzano la vita e i mutamenti del Salento contemporaneo.

Un incontro da non perdere, che costituirà una tappa significativa, nel procedere intenso e vigoroso di tò Kalòn verso la bellezza della conoscenza.

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