All’ombra delle lettere in fiore…

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                                                           Mots dans les mots momifiés…

 Lingua morta nella lingua, che il vento d’un ricordo o il pensiero d’una cosa portano a nuova vita : le sillabe sono petali fradici che rinverdiscono, le vocali risalgono dal deserto dell’afonia verso l’alba d’un suono che è la promessa della parola.

 Vocaboli che portano sul fiore del loro pallido apparire la voce che li culla e la vocazione che li sospinge verso il senso. Verso la musica di un senso che si perde appena pronunciato, di un sogno che si dilegua contro l’orizzonte di quel che non è dicibile.

 Parole si affollano nella foresta della lingua, e hanno ancora sulla pelle la brina della notte, si cercano e accoppiano e sorvolano a vicenda, si alleano e oppongono stormendo, nel cuore il battito di un silenzio che è anima di ogni lingua, il battito di un tempo che è prima della lingua : è quest’ombra di quel che è assente che fa fiorire, ogni giorno, la lingua,  rosa mutabile  nel giardino del sapere.

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 Nel sogno arrivano frettolosi, corrono, poi si fermano sotto i portici, o intorno alle fontane nelle piazze, parlano e ridono oppure stanno corrucciati in disparte: mi apro un  passaggio nella folla, a chi mi sfiora vorrei dare un nome, ma sono tutte sagome prive di nome, se ne vanno nel sogno con i loro vestiti d’ombra, con i loro pensieri d’ombra, nessuno di loro può avere un nome, se guardo qualcuno che mi sembra di riconoscere, se gli rivolgo la parola, sento che il nome con cui lo chiamo non è il suo nome, e  neppure il volto che ha è il suo volto, così continuo a cercare, nel sogno, quella figura che ora s’è nascosta all’ombra  della colonna, ombra nell’ombra, mi avvicino e sento i miei passi che sono passi d’ombra, e anche il mio volto è privo di nome, ora svicolo leggero, aereo, tra figure d’ombra, che affollano il sogno, e le parole che mi salgono alle labbra sono opache, cascano come acqua scura dalla roccia che è nell’ombra, e non fanno rumore, sono come passi felpati, vanno nella luce del sogno a disporsi, lettere stordite e quasi cieche, su un lenzuolo che è uno schermo, su cui galoppano tra alberi al vento cavalieri d’ombra, corrono verso la linea del mare che laggiù riluce sotto la luna.

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