di Antonio Prete

per Gérard Macé
Le sibilanti vestivano la voce di mia madre, erano le gemme della sua collana. Pali luminosi per l’altalena delle vocali : un frusciare di venti, e il racconto era la vela nel mare della sera, quando seduto su un muricciolo, dinanzi alla persiana verde, ascoltavo le storie che venivano dall’Oriente, le storie che avevano attraversato terre e mari e avevano portato con sé il profumo delle lingue incontrate nel loro peregrinare. Quel profumo diventava l’onda sulla quale riandavo verso quelle terre, verso quei mari, mentre la voce saliva e scendeva nella sua musica, dilatava una vocale fino a farla diventare una nuvola, e si abbracciava al suono d’una consonante come a un tronco d’albero per riposarsi dopo il cammino. Quella voce scendeva e correva nei miei pensieri come l’acqua nel solco delle zolle secche, si spandeva fino alle radici dell’esile pianta, così quei racconti me li sono portati con me insieme con quella voce, che era grana e respiro e vento delle parole, delle storie fatte di parole.