Manco p’a capa 228. Perché Il Mare a Scuola

di Ferdinando Boero


La Nave Patrizia

Durante la campagna Il Mare a Scuola organizzata dalla Fondazione Marevivo in collaborazione con MSC Foundation e Fondazione Dohrn, in diverse occasioni le autorità intervenute a bordo della Nave Patrizia, a Napoli, Palermo, Livorno e Genova, hanno riconosciuto l’importanza della transizione ecologica. Di conseguenza, hanno riconosciuto la necessità di mettere più ecologia nei percorsi didattici. Qualcuno, però, ha posto la condizione che sia mantenuta la sostenibilità economica e sociale: va bene l’ambiente, ma non possiamo non pensare a società ed economia. Qualcuno ha ancora parlato di posizioni “ideologiche”. Così mi è toccato spiegare che società ed economia non possono prosperare in un ambiente degradato da modelli di “sviluppo” economico e sociale che causano un degrado ambientale che genera enormi costi economici e sociali. A fronte dei disastri in Spagna e in Romagna, e non solo, noi, le cassandre dell’ecologia, abbiamo ora la magra soddisfazione di dire: ve l’avevamo detto. Le reazioni agli allarmi hanno attraversato diverse fasi. Prima il negazionismo: siete catastrofisti, non è vero, va tutto bene. Poi la reazione “storica”: queste cose sono già avvenute in passato, quando non c’eravamo, e quindi non siamo noi i responsabili. Poi la fede “teconologica”: va bene, ci sono problemi, ma li risolveremo con le tecnologie, tipo la fusione nucleare. Seguita da: inutile che lo facciamo noi se non lo fanno gli altri. Infine: oramai non c’è più niente da fare, tanto vale continuare così. Il Ministro della Protezione Civile dice: non ci sono più soldi per far fronte ai disastri causati dal cambiamento globale: assicuratevi! A riprova che i costi economici e sociali causati dal cambiamento climatico non sono più sostenibili con i fondi pubblici (mentre programmiamo faraoniche spese militari).

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