Questa volta Tanzarella racconta in ventidue capitoli la sua indagine sulla morte di un professore, ordinario di letteratura italiana presso l’Università del Salento, Paride d’Aquila: “Il cadavere giaceva riverso sul ciglio della strada, non lontano dalla comunale vicinale che collegava contrada Badessa ad Apani e il suo ritrovamento era dovuto al caso.” (p. 6) Inizia subito la ricerca del colpevole e con questa anche la descrizione del tessuto socio-economico e culturale, quello salentino ed in particolare brindisino, in cui è maturato il delitto. “Forse ci tocca sempre quel che si merita”, ha ammonito Dino Buzzati citato dall’autore in esergo; ed in effetti il professore d’Aquila, come risulta dalle prime indagini, non offre un’immagine di sé molto edificante. Si apprende infatti che frequentava persone poco raccomandabili, dedicandosi al gioco d’azzardo, e trascurava i suoi doveri professionali e istituzionali, tutto preso da progetti di valorizzazione dei beni culturali brindisini che poco avevano a che fare con la ricerca e con l’insegnamento e che lo avevano messo in contatto con il malaffare locale. Insomma, in questo personaggio Catalano ha riassunto bene il senso di quel famoso titolo di Raffaele Simone L’Università dei tre tradimenti, edito da Laterza nel 1993, “vale a dire il tradimento del servizio verso lo Stato, verso la ricerca e verso gli studenti” (p. 23), secondo la spiegazione che ne dà il professore Giovan Battista Palma, vecchio professore emerito dell’Università del Salento.
Che la morte del professor d’Aquila sia dunque una metafora della trasformazione ovvero della morte dell’Università italiana come la si è conosciuta sin dai tempi in cui Ugo Foscolo nella sua orazione Dell’origine e dell’ufficio della letteratura, pronunciata a Pavia nel 1809, insegnava quale doveva essere il corretto rapporto tra letteratura e società e a disdegnare il potere che, anche attraverso la letteratura, vuole asservire i popoli?
Se è questo l’enigma, chi sarà il responsabile dell’assassinio ovvero chi ha ucciso la letteratura come la impersona il professor d’Aquila, questo Paride, questo imbelle Paride, il cui nome classico non è per nulla anodino? Per quale scopo? E che cosa c’entra, e in cosa consiste, il complesso di Chirone che dà il titolo al romanzo?
Il centauro Chirone, forte come un cavallo, sapiente come un filosofo antico, ha istruito e educato il fior fiore degli eroi antichi: Achille, Giasone, Asclepio. Insegnava loro a combattere con forza e con intelligenza, non certo a giocare ai dadi o un modo per arricchire. Ad un Paride, tanto ambizioso da voler volare troppo in alto come un’aquila (Paride d’Aquila), avrebbe dato solo un calcio e tarpato le ali! Ma la forza è violenza e può ritorcersi, in un momento di follia, anche contro chi la pratica. Chirone insegnava anche “l’inutilità della sofferenza e l’inganno e l’illusione del dolore che santifica.” Parole scritte in corsivo in una lettera, di cui dirò il destinatario, l’investigatore Tanzarella, ma non il mittente, che altri non è se non l’assassino, sulla cui identità mi taccio. Al lettore non rimane che leggere questo poliziesco, che certo, nella interpretazione figurata che ne ho dato, non offre una soluzione ai mali dell’Università, e del mondo, di cui essa è espressione, ma li mostra tutti, mettendoci davanti a una realtà degradata, che nessuno di noi può fingere di ignorare.
Per concludere, vale la pena di riflettere su che cosa pensi lo scrittore di tutta questa storia ch’egli ha architettato, qual sia il suo punto di vista su un mondo, quello universitario, e non solo, nel quale ha vissuto per tutta una vita di studioso di letteratura. Ci soccorre una citazione foscoliana (Lettera apologetica), utile all’investigatore Tanzarella nell’individuazione dell’assassino. In un mondo corrotto si può, si deve continuare a vivere secondo il principio del sussistere senza avvilirsi: due verbi pregni di significato: sussistere vuol dire resistere contro ogni sopraffazione del potente di turno; senza avvilirsi ovvero senza abbassarsi moralmente, piegandosi a chi vorrebbe fare mercato della letteratura, il cui compito è solo quello – forse è questo il messaggio che Tanzarella/Catalano ci consegna – di dire la verità.