Mondiali 1970. Pelé prodigio di vento e quel silenzio triste

di Antonio Errico

Il 21 giugno del Settanta, alla fine di Italia- Brasile, Tarcisio Burgnich, il mastino che lo aveva marcato, disse così: prima della partita mi ripetevo che era di carne e ossa come chiunque, ma mi sbagliavo.  

Edson Arantes do Nascimento era fatto di carne e ossa. Pelè no. Pelè era fatto di vento. Era brezza folata raffica turbine uragano.

Al 18′ del primo tempo, si alza su Burgnich e spara di testa la palla nell’angolo destro. Comincia con quel gol la disfatta del drappello italiano composto da Albertosi, Cera, Burgnich, Rosato, Facchetti, Bertini, Mazzola, De Sisti, Domenghini, Boninsegna, Riva.  Alla fine è un quattro a uno.

Nella pagella della partita compilata da Gianni Brera, soltanto Rosato prende 7. Tutti gli altri si fermano al di sotto della sufficienza. Per esempio: Riva (addirittura) 4,5. Ma dice Brera che bisogna togliersi il cappello di fronte ai campioni brasiliani. Più di quello che era stato fatto non ci si poteva aspettare. 

Pelè è il simbolo della partita.

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