L’ostacolo del “fabulare”. La finzione autobiografica dantesca nell’opera volgare dell’Alighieri. Capitolo VII. Poesia e prosa

di Gianluca Virgilio


Ecco come il commentatore spiega qual è stato, qual è e quale dovrà essere d’ora innanzi il suo ruolo:

“Potrebbe qui dubitare persona degna da dichiararle onne dubitazione, e dubitare potrebbe di ciò, che io dico d’Amore come se fosse una cosa per sé, e non solamente sustanzia intelligente, ma sì come fosse sustanzia corporale: la quale cosa, secondo la veritade, è falsa; ché Amore non è per sé sì come sustanzia, ma è uno accidente in sustanzia. E che io dica di lui come se fosse corpo, ancora sì come se fosse uomo, appare per tre cose che dico di lui.” (V.N. XXV, 1-2)

“La terminologia è scolastica. L’amore, in altre parole, non è una persona, ma una qualità che si manifesta nelle persone”, spiega Charles S. Singleton, [1]. Ci si potrebbe figurare Amore come avente un corpo per il fatto che finora si è detto di lui che si muove, ride e parla. In realtà egli è “sustanzia intelligente”, cioè “pure intelligenza, separata da materia, epperò invisibile (come gli angeli)” e non “sustanzia corporale”, cioè “(…) sostanza corporale, corpo, ossia persona, uomo[2]. Come mai, allora, il lettore apprende che Amore si muove, ride e parla, proprio come se avesse un corpo? La risposta è che “Amore non è per sé sì come sustanzia, ma è uno accidente in sustanzia”, cioè, ancora secondo D. De Robertis, “una qualità, un attributo”[3]. In realtà, cosa voglia dire esattemente questa definizione è chiarito nel seguito della “digressione” dantesca. Intanto l’Alighieri con un excursus storico ricostruisce approssimativamente le origini della poesia volgare che ha sostituito la poesia latina soltanto da centocinquanta anni (“non troviamo cose dette anzi lo presente tempo per cento e cinquanta anni” (V.N. XXV, 4) ). Leggiamo:

“E lo primo che cominciò a dire sì come poeta volgare, si mosse però che volle fare intendere le sue parole a donna, a la quale era malagevole d’intendere li versi latini. E questo è contra coloro che rimano sopra altra matera che amorosa, con ciò sia cosa che cotale modo di parlare fosse dal principio trovato per dire d’amore. Onde con ciò sia cosa che a li poete sia conceduta maggiore licenza di parlare che a li prosaici dittatori, e questi dicitori per rima non siano altro che poete volgari, degno e ragionevole è che a loro sia maggiore licenzia largita di parlare che a li altri parlatori volgari: onde, se alcuna figura o colore rettorico è conceduto a li poete, conceduto è a li rimatori.” (V.N. XXV, 6-7)

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