di Guglielmo Forges Davanzati
Esistono fondate ragioni per ritenere che la Legge di Bilancio 2025 porrà le basi per ulteriori aumenti delle divergenze regionali in Italia. La traiettoria di riduzione relativa del Pil pro capite del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord prosegue pressoché ininterrotta da quasi cinquant’anni: l’ultimo anno di significativa convergenza del Pil pro capite delle due aree è il 1975, con un rapporto Pil pro capite Sud/Pil pro capite Centro-Nord pari al 68%, che declina, nei decenni successivi e fino a oggi, a poco più del 50%.
Il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha ricordato (settembre 2024) che, nella storia recente dell’economia italiana, le divergenze sono notevolmente aumentate negli anni compresi fra il 2007 e il 2019, in concomitanza con la crisi finanziaria globale del 2008 e la crisi europea dei debiti sovrani del 2010. Le misure di austerità fiscale attuate in quel periodo hanno danneggiato soprattutto il Sud, generando, in quest’area, una contrazione del Pil nell’ordine dei 10 punti percentuali, a fronte del calo di due punti percentuali per il resto del Paese. In quella fase, infatti, la riduzione della spesa pubblica ha avuto impatti particolarmente severi soprattutto nelle aree – quelle più arretrate – nelle quali è minore la propensione alle esportazioni. In questi contesti, l’austerità ha avuto il solo effetto di comprimere il mercato interno, dunque i profitti, gli investimenti e il tasso di crescita, senza effetti apprezzabili sul recupero della competitività di prezzo e, dunque, sulle vendite all’estero.