Dall’alto in basso e da sinistra a destra, si leggono queste parole sulle varie fascette: “Animos amor si vestros regitur regat quo coelum hominum genus o felix” (trad.: “Se l’amore con cui è governato il cielo, governasse anche i nostri animi, o felice genere umano”, o ancora “Felice il genere umano, se l’amore con cui è governato l’universo, governasse anche i vostri animi”). Il Casanova ha scritto un’altra frase in latino: “In un cantoncino, accanto all’edicola della Madonna che tiene sulle ginocchia il Bambino Gesù con in mano la scritta ‘Ego sum lux mundi’. I versi del cantoncino sono quattro versi esametrici, riportati su nove righe irregolari: “Labitur hora fugax orbem taciturna revolvens/ ac peritura brevi cuncta creata monet/sursum mox motiturus ut immortalia quaeras/ semper amica docet quae rapit hora idem”, con questa traduzione: “Dilegua fugace l’ora mentre aggira silenziosamente la terra e ammonisce che in breve tempo tutte le cose create periranno. L’ora amica che fugge veloce come un razzo suggerisce sempre lo stesso insegnamento affinché tu, che presto dovrai morire, cerchi lassù le realtà immortali”.
Sartori (pp. 691-694 parla dell’orologio della Basilica e scrive che l’orologio esisteva già nel 1449, e cita il maestro Girolamo Tedesco che era chiamato ad aggiustare l’orologio, fa l’elenco dei padri che nel corso degli anni attendevano alla manutenzione dell’orologio. Per la precisione, Padre Giuliano Abram2 nel suo libro dal titolo “Al Santo di Padova. Storia, tradizione e leggende”, edito nel 2020, dice: “Da metà del ‘300 Padova ha un famoso orologio meccanico ideato da Jacopo Dondi3, tuttora funzionante sulla torre della Piazza dei Signori. È molto bello e veramente straordinario perché, oltre alle ventiquattro ore, segna anche le fasi lunari, la data e le costellazioni dello zodiaco […]. Non molti anni dopo anche il Santo ebbe il suo primo orologio. Il meccanismo fu collocato alla base del castello delle campane, ma il campanile aveva una forma particolare e non presentava una superficie piana adatta per il quadrante dell’orologio che lo si dovette mettere all’interno della chiesa sopra la porta della sacrestia”.
L’orologio ogni tanto doveva essere aggiustato, come riferisce il Sartori; infatti nel 1495 i frati si rivolsero al maestro Viviano Maffeo di Treviso per ripararlo; nel 1577 i presidenti dell’arca deliberarono che “per tre anni prossimi già cominciati il primo dell’istante, sii condotto messer Paolo da i reologi della contrà dei Servi per conciar l’horologio della chiesa et svegliarino del campanaro”. Nel 1505 venne pagato mastro Iacomo “non solum per haver fatto ferri ma etiam per haverlo desfato e accordato più volte”. Altri aggiustamenti avvennero negli anni successivi (1618, 1641, 1654, 1655, 1674) fino ad arrivare all’incendio del 29 marzo 1749 che distrusse anche l’orologio. I frati erano rassegnati a farne a meno, dovendo impegnare tutte le risorse disponibili per il consolidamento dei muri e il rifacimento dei tetti. Ma nel 1751 si diede l’incarico all’orologiaio Bartolomeo Ferracina, detto da Bassano4, per farne uno nuovo; a tal proposito il Gonzati scrive: “Per mano di quell’insigne artefice di Solagna Bartolomeo Ferracina a farsi uno nuovo”.
Nel mese di aprile 1751 la Presidenza dell’Arca scriveva “L’incendio ha distrutto anche l’orologio della chiesa”, e per uno nuovo “delibera di sentire il Ferracina di Bassano”. Il 3 agosto 1751 il Ferracina fece le seguenti offerte: un modello dal peso di libbre mille e seicento, importo di ducati ottocento e sessanta; secondo modello dal peso di libbre mille e ducento, importo di ducati settecento; terzo modello di libbre 570 ed importo di 560 ducati. Il 21 agosto la presidenza deliberava di dare l’incarico al Ferracina per il modello da 560 ducati. Il contratto venne firmato il 25 dicembre 1751, all’occasione fu dato un anticipo di 160 ducati e si concordò che i pesi dell’orologio dovevano essere collocai nella camera del campanaro. Il contratto era stato stipulato con l’accordo di S. E. Francesco Tiepolo, allora capitano e vice podestà di Padova; la necessità di sostituire “il vecchio orologio reso inutile per essere pregiudicatissimo dal gran calore fu posta in vista al nobil signor marchese Giovanni Poleni“, professore di fisica dell’Università di Padova, studioso ed esperto di architettura, il quale già alcuni giorni dopo l’incendio aveva fatto un accurato sopralluogo e steso una dettagliata relazione per quantificare i danni. Alla fine del maggio 1759 fu messo in opera dal Ferracina il nuovo orologio.
Ma chi ha dipinto l’orologio? Il Sartori dice che nel 1496 i massari dell’Arca incaricarono il “maestro Piero depentor a comprar oro per indorar il braccio dell’orologio e broche”. Ma nel 1497 pagarono il pittore Jacopo da Montagnana “Per aver fatto all’orologio la depentura dentro e de fuora ecxepto el razo e certe stelle dorate”. Sicuramente con il fumo dell’incendio del 1749 la pittura fu rifatta, ed è nota quella eseguita da Achille Casanova all’’inizio del ‘900, quando affrescò la zona dell’abside.
A proposito degli aggiustamenti eseguiti nel 1821, la Veneranda Arca esponeva “l’orologio di questa basilica, opera lodatissima del celebre artista Ferracina, e che aggiunge anch’esso nuovo lustro al Santuario, da lungo tempo disordinato, sono già vari mesi ch’è del tutto inoperoso. Si fece nell’anno decorso erigere un fabbisogno dall’abile macchinista Tessarolo5, che ne indicò la spesa in L. 1200. Assoggettato agli esami del sig. prof. di fisica in questa c.r. università […]. Dal Negro6 ei ne approvò il piano e ne strinse il prezzo in L. 960. Il progetto rimase giacente, perché grave nelle circostanze in cui allor si trovava la pia causa n’era il dispendio. Ora che queste sono di gran lunga migliori, mentre l’amministrazione era per occuparsene, un nuovo macchinista Francesco Bordin le presentò un’offerta di assumere quel ristauro per L. 325. Invitato anche su di questo lo stesso prof. Dal Negro a soggiungere il proprio avviso, opinò per la sua esclusione […] è certo che ove non sia radicale il riparo nemmen giova operarlo, e che in ogni modo dee preferirsi un artista notorio, e che assicura d’un successo perenne, ad uno straniero ed ignoto, che anche per le condizioni vantaggiose che offre deve indurre in ragionevol timore […]. Su questi principi la pia causa invoca di essere autorizzata ad un tale dispendio, che in concorso con l’artista si è concretato in L. 900 […] che costituisce un importante ribasso, ritenendosi che questo non sia il caso di procedere per la prescritta via di concorso, onde non esporre quella grandiosa macchina al pericolo di essere da mani imperite forse per sempre scomposta”.
Il 29 settembre 1821 la delegazione espose la questione al Governo di Venezia che concesse la necessaria autorizzazione. Nel 1897 era approdato alla Basilica del Santo di Padova Achille Casanova, in seguito ad un concorso bandito dai frati della Basilica e dalla Veneranda Arca per la realizzazione di un vasto ciclo di affreschi in basilica “che avrebbe dovuto ispirarsi alle decorazioni ornamentali padovane del XIV secolo”, ed era stato voluto per le celebrazioni del settimo centenario della nascita del Santo, celebrate nel 1895. Il restauratore bolognese, Alfonso Rubbiani7 partecipò al concorso con la sua scuola, vinse perché il suo progetto visualizzava meglio l’importanza storica e sociale del Santo e del culto a Lui tributato. La parte decorativa ornamentale fu affidata al Casanova che faceva parte della stessa scuola e che l’anno prima del concorso aveva ottenuto un prestigioso incarico per le decorazioni di alcune cappelle della cattedrale bolognese di S. Petronio. Gli affreschi però riguardavano solo un terzo dello spazio previsto “ornando di schiere di angeli, di santi e di madonne le altissime colonne, le pareti e le volte del presbiterio e dintorni (Casanova al Santo di Fernando Pieri 2017), smorzando anche lo slancio tipico dell’architettura gotica”.
L’artista Casanova, che ha restaurato l’affresco dell’orologio al Santo, abbandonò i pennelli nel 1943 e morì 5 anni dopo, lasciando i disegni preparatori e il materiale grafico usato nel pluridecennale cantiere pittorico per la decorazione della Basilica di S. Antonio, alla Veneranda Arca, facendosi promettere che il tutto sarebbe stato raccolto ed esposto in una apposita sala. L’Arca accettò il lascito e ne entrò in possesso; alcuni disegni si riferiscono a lavori esterni alla basilica, ma commissionati all’artista bolognese durante il soggiorno padovano ed entrati a far parte del lascito testamentario. Nel 1996, dal 21 settembre al 29 novembre, fu allestita nel Museo civico del Santo, a cura di Francesca Castellani, una mostra sull’attività pluridecennale (1897-1943) dell’artista Achille Casanova in basilica per una rivalutazione del maestro “già tanto famoso quanto presto dimenticato”.
NOTE
1Achille Casanova lavorò a Padova dal 1887 al 1943; era nato a Minerbio (BO) nel 1861 e morì a Bologna il 1948; pittore e decoratore nella basilica del Santo a Padova. Era arrivato per un concorso bandito nel 1897 dai frati della basilica e dalla Veneranda Arca per la realizzazione di un vasto ciclo di affreschi in Basilica, che avrebbero dovuto ispirarsi alle decorazioni ornamentali padovane del sec. XIV. Il Rubbiani partecipò al concorso con la scuola, vinse perché il suo progetto visualizzava meglio l’importanza storica e sociale del Santo e del culto a Lui tributato. Per la parte decorativa ornamentale fu scelto Achille Casanova che un anno prima di questo concorso aveva ottenuto il prestigioso incarico per la decorazione di alcune cappelle nella cattedrale bolognese di S. Petronio.
2 Luciano Abram, nato a Trento nel 1942, era entrato a 11 anni nel seminario minorile conventuale di Camposampiero; fu sacerdote nel 1967. Appassionato conoscitore delle bellezze artistiche del Santo, fu lui a ideare le visite alle cupole della Basilica nel giugno 2019, accompagnando i devoti e i giornalisti. Le aveva chiamate “Tramonto dalle cupole”. Aveva da poco terminato il volume “Al Santo di Padova. Storia, tradizioni e leggende”, pubblicato nel Natale del 2020 da Mediagraf e che non ha potuto vedere in quanto la morte lo colse il 12 gennaio 2021, dopo due mesi di sofferenze. Un prestigioso volume di 400 pagine con spettacolari vedute fotografiche del fotografo padovano Giovanni De Sandre.
3 Jacopo Dondi Dell’Orologio (1293- 1359), medico, astronomo ed orologiaio italiano. A Padova fu professore di Medicina e Astronomia. Progettò un orologio meccanico che fu installato a Padova nel 1344 nella Torre dell’Orologio in Piazza dei Signori. L’originale fu distrutto nel 1390, ma una sua copia è ancora lì. Non tutti gli studiosi sono d’accordo, alcuni ritengono che l’orologio della Torre dell’Orologio di Padova sia stato progettato dal figlio, suo allievo e collaboratore, Giovanni (1330-1388).
4 Bartolomeo Ferracina, nato a Solagna (VI) il 18 agosto 1692 e morto a Solagna il 24 dicembre 1777, è stato un orologiaio e ingegnere italiano. Come orologiaio realizzò modelli di qualsiasi tipo e dimensione, dagli orologi a pendolo a quelli con automi, da quelli da tavolo a quelli da torre, più o meno dettagliati con l’indicazione delle fasi lunari, del moto degli astri e dello zodiaco. Dei suoi esemplari si ricordano l’orologio per i campanili di Marostica, Solagna, Pove, della Basilica del Santo, quello per la torre civica di Bassano, per il patriarcato di Venezia, per il seminario di Vicenza. Nel maggio 1758 ebbe l’incarico dal comune di Padova di ripristinare l’immensa volta di piombo della sala della Ragione abbattuta da un furioso turbine nel 1756. L’orologio della Basilica del Santo fu da lui realizzato nel 1759 in sostituzione di quello distrutto nell’incendio del 29 marzo 1749.
5 Francesco Tessarolo (? – 1842) ricoprì il ruolo di meccanico del Gabinetto di Fisica dell’Università di Padova dal 1806, quando venne scelto personalmente dal prof. Dal Negro, fino alla morte avvenuta il 14 aprile 1842. Il figlio Antonio (1804- 1939) lavorò con lui, distinguendosi anch’egli come valente meccanico, ma morì nel 1839 a soli 35 anni. La grande stima di cui godeva Francesco Tessarolo da parte di Dal Negro venne ribadita in più occasioni e fu proprio Tessarolo che costruì i prototipi di alcuni strumenti ideati da Dal Negro tra i quali i motori elettrici considerati tra i primi al mondo, e l’oligonometro. Alcune di queste invenzioni sono conservate nel Museo di Storia della Fisica presso il Dipartimento di Fisica ed Astronomia dell’Università di Padova.
6 Dal Negro Salvatore è nato a Venezia il 1768 e morto a Padova il 31 gennaio 1839. È stato un fisico e presbitero italiano. Prima studiò teologia nel seminario patriarcale di Murano e fu ordinato sacerdote nel 1792. Poi studiò giurisprudenza all’Università di Padova e si laureò in iutroque jure nel 1796. Ma i suoi interessi erano per la fisica e nel 1806 ottenne la cattedra di Fisica sperimentale che tenne fino alla sua morte. Fu più volte direttore della Facoltà e nel 1828-29 rettore. Si occupò di ricerche di elettricità e magnetismo.
7 Alfonso Rubbiani, nato a Bologna il 3 ottobre 1848 e morto a Bologna il 26 settembre 1913, è stato un restauratore e letterato italiano; è una figura rappresentativa della cultura bolognese della fine Ottocento e inizio Novecento; si iscrisse prima alla facoltà di matematica e poi passò a quella di diritto con l’intento di diventare notaio. Nel 1870 accorse a Roma in difesa del papa contro l’esercito italiano, ma al suo rientro a Bologna non riprese gli studi. Si avvicinò al giornalismo cattolico e dal 1872 al 1878 diresse il giornale di ispirazione clericale “L’Ancora” su cui scriveva con lo pseudonimo Bajardo richiamando per l’eleganza letterale del suo stile anche l’attenzione dell’anticlericale Giosuè Carducci. Poi si allontanò dalla vita politica dopo aver svolto la carica di assessore comunale a Budrio (BO), cittadina dove fu anche sindaco reggente nel 1884. Comincia ad affacciarsi alla sua mente l’idea del restauratore e per dar corpo al suo progetto di abbattimenti, ricostruzioni, integrazioni, decorazioni reclutò una compagnia che lo avrebbe accompagnato in tutte le sue imprese successive: la gilda di S. Francesco, una specie di corporazione, cui fece parte il pittore e decoratore Achille Casanova. Restaurò tra il 1889 e il 1912 alcuni palazzi e monumenti di Bologna. Le sue spoglie riposano nella chiesa di S. Francesco a Bologna.
Bibliografia
L. Abram, Al Santo di Padova. Storia, tradizioni e leggende, Padova, Ed. Mediagraf, 2021;
F. Castellani, Achille Casanova al Santo, Catalogo della Mostra, Padova Museo Civico del Santo dal 22 settembre al 29 novembre, Basiilica del Santo, Centro Studi Antoniani Associazione Museo Antoniano, 1996;
Id., Per un profilo di Achille Casanova, decoratore, pittore e poeta al passaggio del secolo 1861-1948, Il Santo, N.41, 2001, pp. 395-453;
B. Gonzati, La Basilica di S. Antonio di Padova, descritta ed illustrata, Padova. Ed. A. Bianchi, 1852, p. 104;
G. Luisetto (a cura di), L’orologio della Basilica, in Archivio Sartori, Vol. I, Basilica e Convento del Santo, Biblioteca Antoniana, Basilica del Santo, Padova, 1983, pp. 691-694;
V. Zaramella, Guida inedita della Basilica del Santo, Padova, Centro studi Antoniani, 1996, pp. 378-381;
www.messaggerosantantonio.it, Casanova al Santo. Fernando Pieri , 26 giugno 2017.