Nuove segnalazioni bibliografiche 33. Visioni eterodosse della poesia salentina

di Gianluca Virgilio

Fresco di stampa il libro di Simone Giorgino, Eretico barocco. Una linea meridiana della poesia italiana del Novecento, Carocci Editore, Roma, settembre 2024, edito nella collana Lingue e letterature. L’autore insegna Letteratura italiana contemporanea in qualità di ricercatore presso il Dipartimento di studi umanistici dell’Università del Salento. Questo suo libro, dunque, nasce nell’alveo di una tradizione critica letteraria che viene da lontano, ovvero dagli studi di Donato Valli, Mario Marti, Oreste Macrì, Antonio Lucio Giannone, che per primi hanno isolato e definito un canone della poesia salentina, collocandola nel contesto nazionale e internazionale; con risultati senza dubbio ottimi sul piano del metodo critico quanto non del tutto efficaci dal punto di vista della ricezione e dell’accoglienza nel canone letterario italiano e tantomeno europeo, con qualche eccezione, s’intende. Il punto di vista critico di Giorgino è sintetizzabile nella particolare “prospettiva geo-letteraria” (a monte vi sono gli studi novecenteschi di Carlo Dionisotti col suo famoso Geografia e storia della letteratura italiana del 1967), dalla quale occorre guardare ai poeti oggetto di studio. E allora, occorre innanzitutto definire la posizione geo-letteraria del Salento, che appare come un luogo “estremamente periferico rispetto ai maggiori distretti culturali del nostro paese ma situato nel cuore del Mediterraneo, e perciò esposto ai flussi e alle influenze delle culture e delle civiltà letterarie che si affacciano sullo stesso bacino”. (p. 10). Questo l’assunto metodologico.

Purtroppo, l’esperienza mi dice che nelle scuole superiori sono pochissimi i professori di lettere, che pure hanno fatto i loro studi nell’Università del Salento, che osino proporre ai loro allievi una poesia di Girolamo Comi o di Raffaele Carrieri e tanto meno di Vittorio Bodini e Vittorio Pagano; e così nessuno si azzarda a proporre agli studenti, neppure ai maturandi, la poesia di Carmelo Bene (la sola lettura di qualche canto dantesco o leopardiano li sciocca).

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