Il telefonino

di Paolo Vincenti

Da sempre ho il problema di dove mettere il telefonino quando sono in giro. Sembra un problema da poco, ma non lo è. Non è una pinzillacchera, una quisquilia. Dovunque io lo metta, in qualsiasi tasca di giacca o pantalone, mi crea ingombro e finisco col tenerlo costantemente in mano. Mi crea disagio portarlo nelle tasche anteriori dei pantaloni, ancor di più in quelle posteriori. Non mi piace tenerlo nel taschino della camicia e mi è insopportabile sentirne il peso in una delle due tasche della giacca o del giubbotto. Non lo tengo nella borsa da lavoro perché non sentirei la suoneria, men che meno posso lasciarlo in macchina perché potrebbe restarci per ore. Non uso lo zainetto come ormai fanno tutti, se non quando sono in vacanza, e non mi piacerebbe portarlo al collo legato ad una collana di plastica multicolore perché ritengo codesto accessorio prevalentemente femminile. Non utilizzo le fondine porta cellulare, che ritengo scomode, e poi mi sentirei un pistolero appena catapultato nel Duemilaventi dal vecchio West, tipo Clint Eastwood in un film di Sergio Leone. Non mi piace inserirlo nel marsupio anche perché non uso l’orribile accessorio, che mi farebbe sentire simile al Pierre del Chiticaca di Orbetello, il personaggio di Panariello. Quindi, torna la domanda: dove tenere il cellulare durante gli spostamenti? Mi lambicco il cervello per trovare una soluzione che invece non c’è. Ho provato anche a inserirlo in uno dei due calzini ma il disagio è cresciuto. Non posso d’inverno incapsularlo nel cappello di lana: per quanto possa schiacciare quest’ultimo sulla testa, i movimenti sussultori nel mio incedere lo farebbero prima o poi cadere; nè d’estate posizionarlo in un risvolto della manica della t-shirt come fanno i camionisti col pacchetto di sigarette, perché il telefonino non si sosterrebbe. Così lo tengo sempre in mano dando l’impressione di volere in qualche modo ostentare un oggetto che invece mi repelle almeno quanto mi serve. Il conseguente disagio è che, posandolo dappertutto, rischio spesso di smarrirlo poiché non mi ricordo dove lo abbia lasciato. Chissà, forse uno di questi giorni, mi giungerà un’ispirazione celeste o qualche giovane nerd inventerà un nuovo porta cellulare che mi si confarà e come Archimede griderò: Eureka! Nel frattempo, il busillis resta immutato: il telefonino, dove lo metto?

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