di Giuliana Coppola
I miei ragazzi, i miei studenti del Liceo Capece, mi affidavano i loro scritti, andando in “quegli” anni che non si possono dimenticare. E io me li carezzavo piano; sapevo che erano preziosi come tutti i pensieri degli adolescenti e poi sceglievo i momenti dei miei silenzi per vivere con e per loro.
Ecco, quando ho ricevuto il dono di Franco Melissano, non ho aperto subito la busta; ho atteso quel momento in cui scrittura e lettura insieme decidono di diventare parte di te.
Ed è stato “luminoso refolo” a muovere le pagine e mi sono ritrovata in classe ed è stato uno “squarcio di rapido sereno”, quello che soltanto la lirica può donare, a patto che sia così, della colta leggerezza che studi classici e sensibilità d’animo riescono a creare.
A patto che siano così come Quegli anni al Capece di Franco.
Ogni lirica un ritratto d’autore, ho continuato a pensare, leggendo i versi; e ogni verso racchiude un mondo che si fa intuire senza mai svelarsi del tutto; pudore e delicatezza e tocchi di melanconia e pennellate lievi per non sciupare un ricordo e un’impressione, mentre si succedono i volti e si ricompone la classe, “quella classe”, ed è l’adolescenza ed è la vita. Ed è emozione, ma c’è profumo del caffè della Lucia che arriva inaspettato e campanella suona e fuori c’è il sole ancora e profumo di gelsomini ancora nell’atrio ed è poesia che salva e che consola.