Ricordo che alla fine della cerimonia, nella hall del teatro, il vescovo punzecchiò mio padre rimproverandogli con una certa bonarietà d’aver messo troppo in evidenza l’opposizione del Vallone all’insegnamento religioso nelle scuole. Era il 1985 e da poco l’accordo di Villa Madama, noto anche come nuovo concordato, o concordato bis, era divenuto legge dello stato (Legge 25 marzo 1985, n. 121), in netta continuità con i Patti lateranensi del ’29. E poi, era mai possibile che Antonio Vallone avesse una cultura laica e fosse per di più massone? Insomma, per qualche istante sembrò materializzarsi nella hall del “Cavallino Bianco” quell’atmosfera di fiera contrapposizione che aveva caratterizzato la politica di settant’anni prima, quando Galatina fu sottoposta all’Interdetto della curia idruntina. Ma poi si parlò d’altro e tutto andò liscio. Fu una bella serata e da quel giorno il Liceo ebbe il nome di Antonio Vallone.
Ma perché fu scelto proprio Antonio Vallone, un uomo nato nel 1858 e morto nel 1925, all’età di 67 anni? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo prima rispondere ad un’altra: chi era Antonio Vallone?
Per avere un ritratto a tutto tondo di Antonio Vallone, inquadrato storicamente nel suo tempo e studiato in modo critico su documenti di prima mano, bisogna leggere gli scritti dello storico leccese Michele Romano, Antonio Vallone (1858-1925): un deputato meridionale nell’Italia liberale. La politica, gli “amici”, i “nemici” e i “clienti”, in “Itinerari di ricerca storica” XII-XIV, 1998-2000, Congedo Editore, Galatina 2000, pp. 145-196; questo studio è stato poi ripreso e inquadrato nell’ambito della sua Storia di una famiglia borghese con sottotitolo I Vallone di Galatina (secc. XVII-XX), Franco Angeli, Milano 2003. Si legga in particolare il capitolo 5 (pp. 156-222) intitolato Le esperienze politiche dall’età giolittiana al fascismo, in cui Romano racconta la carriera politica di Vallone fino al fascismo, ovvero fino al momento storico ch’egli definisce la fine del “predominio interclassista valloniano”.
Per amore di brevità, definirei Antonio Vallone un uomo figlio del positivismo. Sentiamo cosa dice il suo amico e compagno di battaglie politiche Antonio De Viti De Marco nell’orazione funebre tenuta a Galatina davanti a studenti, genitori e docenti del Liceo classico (in quell’occasione fu scoperta una lapide, che oggi può essere letta nell’atrio del Palazzo della cultura di Galatina). L’orazione, letta a pochi mesi dalla morte di Vallone, fu poi stampata col titolo Discorso dell’On. Prof. A. De Viti De Marco del 19 aprile 1925 dal titolo Antonio Vallone, Galatina 1925. Dice De Viti De Marco: Antonio Vallone “Ebbe due passioni – la scienza e la politica” (p. 8). Nessuna possibilità per la scienza di affermarsi senza una scolarizzazione di massa – di qui il suo impegno nella fondazione delle scuole galatinesi -; in politica, egli credeva fermamente nella convivenza e collaborazione tra le diverse classi sociali, come garanzia dell’inefficacia della lotta di classe e della violenza come mezzo della politica. Questo era il suo “interclassismo”, di cui parla Romano. “Scienza e politica”: è il binomio che fa di Antonio Vallone un uomo del positivismo.
Antonio Vallone era un ingegnere (aveva due lauree, una in Ingegneria ed una in Fisica), dunque apparteneva al ceto dei professionisti (fu docente di Costruzione per 27 anni presso l’Istituto tecnico “Costa” di Lecce), ed era anche un grande proprietario terriero, produttore di vini e di tabacchi orientali, un imprenditore agricolo di successo. La sua carriera politica lo vide per ben quattro volte deputato della Camera del Regno d’Italia, nella XXI legislatura (1900-1902), nella XXII (1904-1908) e poi XXV legislatura (1919-1921) e XXVI legislatura (1921-1923). Si riconosceva negli ideali politici mazziniani e dunque repubblicani, negli anni universitari aveva conosciuto il patriota irredentista Guglielmo Oberdan, martire e simbolo del nazionalismo italiano negli anni della Grande guerra, e non era esente da qualche vaga simpatia per un socialismo di tipo umanitario, che aveva appreso in casa dallo zio Pietro Siciliani e da Paolo Vernaleone, medico-filantropo galatinese, che una lapide ricorda in Corso Garibaldi a Galatina. Insomma, Antonio Vallone fu, per dirla con Michele Romano, “l’unico rappresentante in campo nazionale del Partito repubblicano salentino” (Antonio Vallone, cit., p. 196) e, dunque, all’opposizione rispetto alle politiche che in quel tempo erano dominanti. A livello nazionale, aveva un solo avversario politico: Giovanni Giolitti, a cui rimproverava la scarsa considerazione nei confronti del Meridione, cui si toglievano risorse per destinarle alle spese militari per le guerre e per le improbabili imprese coloniali; salvo essere fervente interventista nella prima guerra mondiale considerata come l’ultima guerra d’indipendenza contro il nemico austriaco.
Di tali questioni, oltre al Romano, ci parla anche Aldo Vallone nel suo Contributo alla storia del meridionalismo repubblicano in Puglia: Antonio Vallone, Bari 1972. Questo opuscolo è conservato nella teca che la nostra Scuola ha deciso di dedicare alla memoria di Antonio Vallone.
Non vi annoierò con il racconto delle epiche battaglie tra galatinesi e magliesi, tra seguaci del Vallone e seguaci di De Donno o di Tamborino, con tutti gli intrighi, i ricorsi, i brogli, le compravendite di voti, il malaffare che c’è sempre stato e che, a quanto pare, non è facilmente eliminabile dal mondo della politica. Queste cose le potete leggere – ripeto – in Michele Romano, che ha fatto le sue ricerche nell’Archivio Vallone e ha dato ampia notizia di come si svolgesse la lotta politica tra i due secoli. E ne ha parlato anche Carlo Caggia nel suo Cronache fra due secoli, Congedo Editore, Galatina 1976.
Credo di aver detto a sufficienza chi era Antonio Vallone.
Ora vorrei rispondere alla seconda domanda: perché quarant’anni fa fu scelto proprio il nome di Antonio Vallone per intitolare il nostro Liceo? Per farlo, darei la parola ad un preside, Giacomo Candido, che dirigeva il Liceo classico “Pietro Colonna” di Galatina negli anni Venti del Novecento ed era, come si legge in Michele Romano, Storia di una famiglia borghese, cit,. pp. 171-172, n. 60, un “grande elettore” di Vallone. Nell’orazione funebre di Antonio Vallone, pubblicata nel 2.° Annuario del R. Liceo-Ginnasio “P. Colonna” – Galatina, 1924-1925, stampato nella Tipografia Marra & Lanzi nel MCMXXVI, Giacomo Candido ricorda i meriti del defunto, non ultimo quello di aver fondato una parte notevole delle scuole cittadine: “Fondò il Liceo “P. Colonna”, la Scuola d’Arti e mestieri, e dette consistenza alla Scuola Tecnica di questa città” (p. 104). Sono del parere che questa grande attenzione del Vallone al mondo della scuola (soprattutto in un tempo in cui l’analfabetismo era diffusissimo) sia alle origini della scelta del Consiglio d’Istituto di questo Liceo negli anni Ottanta, cioè circa sessant’anni dopo la sua morte, di intitolare il Liceo scientifico ad Antonio Vallone; come a dire (mi si conceda la battuta): se fosse vissuto ancora, Antonio Vallone avrebbe fondato anche il Liceo Scientifico!
Ma c’è un’altra ragione, non meno importante, che probabilmente quarant’anni fa spinse a intitolare la scuola ad Antonio Vallone. Per esporre questa ragione, permettetemi di ricorrere ancora una volta alla memoria, ovvero a quanto mi raccontava mio padre tanti anni fa. Egli era nato nel 1921. Mi raccontava che, da ragazzo, dunque, verso la fine degli anni Venti o al massimo ai primi dei Trenta, sulla parete della bottega d’un calzolaio, in uno sgabuzzino piuttosto angusto sito nell’ottocentesca Via Luce a Galatina, v’era il ritratto di un uomo canuto e rubicondo, dal viso paffuto, con dei baffi di tutto rispetto, lunghi e bianchi, e dagli occhi buoni e appena sorridenti: era il ritratto dell’on. Antonio Vallone, defunto il 7 febbraio 1925, tra il compianto generale dell’intera cittadinanza. Sebbene i tempi fossero cambiati (“[Erano] giunti i tempi della non-ragione”, scrive Aldo Vallone in riferimento alla presa del potere di Mussolini (cit. p. 53), la memoria di Antonio Vallone tra le classi umili si manteneva ben salda. E tuttavia è certo che l’interclassismo da lui auspicato, se mai fu realtà e non puro programma, muore con lui.
Stanco di riparare le scarpe dei suoi clienti, il calzolaio ogni tanto sollevava lo sguardo alla parete di fronte a sé, e l’on. Antonio Vallone sembrava sorridergli sotto i suoi lunghi baffi bianchi: un sorriso appunto “interclassista”, rassicurante, paterno, foriero di speranze d’una vita migliore, un sorriso che l’artigiano avrebbe ritrovato nel volto buono del busto valloniano nella Società operaia, a sera, dove avrebbe trascorso con gli amici il poco tempo libero rimastogli dopo un’intensa giornata di lavoro.
Mio padre mi raccontava l’aneddoto del calzolaio di Via Luce per chiarire con un esempio quale fosse la popolarità del Vallone, che per molti anni era stato l’esponente di punta della classe dirigente locale, e quale vuoto politico avesse lasciato anche tra il ceto umile della città, tanto che, quando lui era ragazzo, se ne parlava ancora come di un nume tutelare della città. Non è un caso se oggi, a Galatina, la personalità del recente passato più ricordata nella toponomastica, nelle intitolazioni, nella iconografia celebrativa, è senza dubbio quella di Antonio Vallone. Due busti del Vallone sono conservati rispettivamente nella sede della Società operaia in Via Umberto I e nell’atrio del Liceo Artistico di Via Gaetano Martinez (opera di Numa Ghinelli); poi vi sono tre lapidi, una sempre nella Società operaia, una nel Palazzo della cultura ed un’altra nell’atrio del nostro Liceo. Vi sono poi un bassorilievo in gesso nel Museo civico “P. Cavoti” e una strada a lui intitolata nel centro cittadino. Infine, molti hanno dimenticato che al nome di Antonio Vallone fu intitolato per 17 anni (dal 1941 al 1966) l’ospedale di Galatina e forse, perdonatemi la battuta, non gli ha portato bene cambiare nome. Per la storia dell’ospedale di Galatina, si legga il documentatissimo libro di Pietro Congedo, L’ospedale di Galatina dal XIV al XX secolo, Torgraf, Galatina 2009.
Racconto queste cose perché sono convinto che una comunità ha una sua memoria nascosta, che a volte ha lunghi periodi di latenza, ma poi riaffiora di nuovo e chiede di essere ascoltata. I monumenti celebrativi forse assolvono a questa funzione, favorendo il ricordo. Ed è precisamente quanto accadde quarant’anni fa al preside, ai docenti e ai genitori degli studenti di questo Liceo, quando fu avanzata la proposta di intitolazione del nostro Liceo ad Antonio Vallone: nessuno ebbe nulla da ridire e tutti applaudirono.
[Discorso tenuto nell’Auditorium del Liceo Scientifico e Linguistico Antonio Vallone di Galatina il 19 ottobre 2024, in occasione della cerimonia per il Cinquantesimo anniversario della fondazione del Liceo]