di Rocco Orlando
Falloppia (e non Falloppio, come ancora alcuni scrivono) è la forma corretta del suo cognome, come fu dimostrato nel 1928 da Giuseppe Favaro in una lettera autografa di Falloppia ad Ulisse Aldrovandi del 22 aprile 1557 che mostra la desinenza in a di Falloppia. A dieci anni morì il padre di sifilide e fu aiutato da uno zio materno sacerdote (don Lorenzo) che lo avviò alla carriera ecclesiastica. Poi abbandonò gli studi religiosi e si dedicò a quelli di medicina e di anatomia basandosi sulle opere di Galeno e di Berengario da Carpi e sulla osservazione diretta sezionando animali e utilizzando i resti di giustiziati. Seguì poi gli studi di Medicina presso l’Università di Ferrara, che nel 1545-48 gli affidò la lettura dei semplici, insegnamenti che comportavano lo studio delle proprietà dei prodotti dei tre regni della natura (minerale, vegetale, animale) e che quindi era la farmacologia nel senso proprio della parola. Nel 1548 passò ad insegnare Anatomia a Pisa e nel 1551 a Padova, nominato alla duplice lettura dei semplici e di chirurgia, “et obligo di tagliar la Natomia” (G. Favaro 1928).
Giuseppe Ongaro nel suo articolo Gabriele Falloppia a 450 anni dalla morte su “Padova e il suo territorio” (2012), scrive: “Egli fu molto apprezzato anche come medico pratico e fu richiesto a consulto da molti personaggi famosi, es. a Roma da papa Giulio III nel 1552 per la malattia del fratello Baldovino del Monte; da Paulo Manuzio che guarì da una malattia cronica agli occhi, da Eleonora d’Este alla quale per la forma artritica consigliò le cure termali di Abano”.