Un ponte sul mondo: tutto in una cabina

di Antonio Errico

Tarda sera d’autunno. Pioviggina. L’uomo ha bisogno di telefonare e il cellulare si è scaricato. Pensa che ci sarà una cabina, che da qualche parte ci sarà pure una cabina. In piazza, forse. In piazza la cabina non c’è. Si ferma davanti al bar. Tre ragazzi fumano e ridono. Chiede dove può trovare una cabina. I ragazzi si guardano. Dicono: quale cabina. Una cabina telefonica, dice l’uomo. I ragazzi non ridono più. Si guardano ancora, increduli. L’uomo capisce che cosa stanno pensando e si giustifica. Dice: il cellulare ce l’ho ma si è scaricato.  Allora i ragazzi riflettono qualche secondo. Poi dicono che non c’è una cabina, che comunque loro non sanno se da qualche parte c’è una cabina. Uno dà voce nel bar, all’uomo che sta dietro il banco. L’uomo al banco risponde che già la cabina non c’era quando serviva, figuriamoci adesso che non serve più. Ride. Dalla tasca posteriore dei pantaloni, uno dei ragazzi tira fuori un cellulare e dice all’uomo: ma scusa, chiama con questo. L’uomo dice: no, non vorrei approfittare. Ma chiama, dice il ragazzo, che tengo i minuti gratis.

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