di Antonio Mele / Melanton
Com’è intuibile dal titolo, questo ‘noterellando’ esula, per una volta, dall’esaminare questioni di largo respiro nazionale o internazionale, riconducendosi e riconducendomi ad un realtà più comune e provincialotta, che è comunque specchio di quel generalizzato umano costume (o malcostume, per meglio dire), che riguarda il pettegolezzo, il chiacchiericcio, la maldicenza e affini.
Confesso – senza comunque farne un vezzo – che non amo e non ho mai amato, per oggettivo distacco e disinteresse, questo genere di vigliacchetto parlottare dietro le spalle, quell’ipocrisia sottile in subdola forma di carità pelosa, esternata in punta di menzogneri sorrisi e ammiccamenti, viscidamente scorrente tra il mellifluo e il complice. E se qualcuno viene a rendermi edotto di varie piccole o grandi debolezze o di difettucci e peccatucci altrui, o perfino di perversioni e presunti delitti di un qualsivoglia ‘terzo’ (amico, parente o conoscente che sia, come anche di persona qualsiasi da me ignorata), quel “qualcuno” trova difficilmente in me terreno fertile per le sue più o meno gratuite insinuazioni, che restano così, nella fattispecie, perfetta lettera morta.
Uno sport, quello del caratteristico e inossidabile malangu (come s’appella dalle nostre parti il pettegolezzo infido e puntuto) che, pur trovandomene a volte compromesso, non ho mai praticato in modo disinvolto, e del quale – al contrario delle imbattibili doti di qualche provetto ‘campione’ di mia conoscenza – posso solo considerarmi un risibile dilettante se non un’autentica schiappa.