La città è ancora assolata e deserta; un’essenza di pino lo inebria e lo esalta mentre, seduto su una panca, in piazza Alighieri, pensa. Manca un quarto alle sedici e non si vede traccia umana. A poca distanza, cani assopiti, indifferenti: immagine che offende il decoro della città; lo ha anche denunciato, con velata ironia, ma non lo hanno capito. Non ha mai avuto un buon rapporto con l’estate, col sole che brucia forte, col baccano che si registra in ogni dove; e poi, il traffico caotico, gli ingorghi, i parcheggi introvabili gli farebbero salire l’adrenalina. Anche la musica assordante per tutta la notte, le mille sagre ove si gozzoviglia lasciando sul campo di tutto e di più, non gli appartengono.
Come si fa a ritemprare la mente e il corpo se l’una e l’altro vengono sottoposti a prova da stress? – si chiede – e pensa alle tante patologie di chi torna in ufficio, finite le vacanze. È certo che non farà mai parte di quell’esercito soggiogato dalle frenesie estive: convincimento che gli procura una ricarica di endorfine.
Sono passate quasi due ore da quando si gode il silenzio della città inanimata; uno stato di grazia che sta per finire: qualcuno, infatti, già rientra dal mare, di corsa, come morso dalla tarantola; sempre di corsa, tutti di corsa. Decide di rimettersi in auto, ma non ha mete; sa, comunque, di non voler rientrare a casa. Si sorprende d’aver imboccato il viale del cimitero e gli pare d’obbligo far visita ai suoi cari. E qui scorrono vacanze serene, ancorché nella miseria. Dio dio, com’era bello quel tempo! Sulla tomba di due amici (Fernando e Gaetano) congedatisi prematuramente dal mondo e con i quali ha condiviso tante ore di pesca alle occhiate, la commozione lo assale. In questo luogo di pace eterna per antonomasia, la morte ostenta da sempre la sua alterigia e fa riflettere.
Giorgia, rientrata il 28 di luglio, passa più tempo al mare o comunque fuori che non in casa.
– Sono in vacanza – replica tutte le volte che glielo si fa notare. Anche Francesco è in vacanza: vita goliardica trasferita in provincia. Pensava che l’estate ricompattasse la famiglia, come nelle occasioni delle feste comandate, ma deve ammettere che non è così: dell’una e dell’altro è cambiato l’orologio biologico, sono cambiate le abitudini. L’orologio biologico! Non hanno fame quando si dovrebbe aver fame, né sonno quando si dovrebbe andare a letto. Constata, con amarezza, che le sue abitudini non sono consone allo stile di vita delle nuove generazioni. “L’armonia sta nella disarmonia tra vecchio e nuovo”, gli è stato detto più volte, ma lui non è mai riuscito a coglierne il senso. Gli è difficile metabolizzare il cambiamento e l’estate continua a non piacergli.
Oggi, vigilia di Ferragosto, ha nostalgia di nuvole; qualcuna, nei giorni scorsi, è volata alta sul cielo di Galatina senza fermarsi e la terra è sempre più assetata. Decide di rientrare a casa. Il viale è ancora caldo di sole e le previsioni non danno in esaurimento la bolla africana che da giorni attanaglia il Salento, Prima di mettersi in auto, due oleandri sitibondi catturano la sua attenzione; vi si avvicina: fiori smorti, ma ancora odorosi. Ricorda d’aver letto, da ragazzo, che quello dell’oleandro è il profumo più dolce e più triste del mondo, è il profumo dell’estate che muore. Perché mai ‘triste’?, continua a chiedersi tutte le volte che gli torna questa frase; meglio ‘più dolce e gioioso’. Gioioso.
A casa, troverà forse la famiglia al completo. Tra una doccia e l’altra, sentirà i ragazzi: “A mezzanotte o mezzanotte e mezza? A Otranto o si va a Gallipoli?”. Evidente che ogni loro programma sarà ‘consumato’ fuori. Ancora una volta faranno le ore piccole e lui sa di già che lo aspetta un sonno leggero sino al rientro dell’una e dell’altro. Maledizione!
A casa, la situazione è quella paventata. Maria ricomincia con la solita tiritera: “Il mondo è cambiato, le abitudini dei giovani sono mutate, anziché fartene una ragione, ti ostini nella tua insofferenza verso tutto e tutti; sei un disadattato”. Lui la guarda obliquo: “ffanculo”, le spara a bruciapelo.