Il risultato è che nessuno sa “gli essenziali”: gli animali più importanti nel far funzionare gli ecosistemi planetari sono i copepodi, mentre i produttori primari (piante e affini) più importanti del pianeta sono le diatomee e i flagellati del fitoplancton. Non si insegnano a scuola e non si vedono nei documentari. Pochissimi, ancora, sanno cosa sia un ecosistema e come funzioni, per non parlare del percorso dell’acqua che beviamo e che porta alla plin plin: per rispondere bisogna conoscere gli apparati digerente, circolatorio, respiratorio ed escretore, collegandoli al metabolismo cellulare. Si impara senza capire e le nozioni non diventano conoscenza.
Conoscere come funzionano il nostro corpo (la plin plin) e gli ecosistemi, e di cosa sia composta la biodiversità che li fa funzionare, non fa parte delle finalità dei percorsi di apprendimento e di divulgazione. Lo studio spesso è associato al sacrificio, con il modello Alfieri, che si incatena alla sedia per obbligarsi a studiare, mentre la divulgazione è associata al puro divertimento.
Iniziamo a comprendere che queste cose sono importanti, visto che abbiamo messo la biodiversità e gli ecosistemi nell’Art. 9 della Costituzione, ma stentiamo a capire perché.
Una comunità di persone che non ha consapevolezza della propria ignoranza in questioni vitali può essere facilmente convinta che siano importanti, per poi essere facilmente convinta che non lo siano. Così stiamo passando dalla transizione ecologica e il green deal, alla transizione militare, dedicando i fondi per la sostenibilità alla costruzione di armi e centrali nucleari. Accettiamo che si spendano enormi risorse pubbliche per costruire telescopi che ci dicano se un asteroide ci sterminerà, ma non facciamo nulla per far fronte a rischi ben più concreti, minimizzandoli.
Solo un popolo privo di consapevolezza può accettare certe proposte. Una delle più grandi imprese del PNRR è la diga foranea del porto di Genova. Permetterà alle grandi portacointainer di scaricare nei nostri porti le merci prodotte in Cina, India e altri paesi lontani. Abbiamo delocalizzato laggiù le nostre industrie manifatturiere, per risparmiare sui costi di produzione. Prima dipendevamo da quei paesi per l’importazione delle materie prime, però eravamo manifatturieri. Ora dipendiamo da quei paesi anche per le manifatture. Dopo aver lavorato per noi come schiavi, ora si mettono a produrre cose che noi non sappiamo produrre, tipo le auto elettriche. E noi, furbi, diciamo che vogliamo continuare con le vecchie tecnologie perché non siamo in grado di svilupparne di nuove. Al diavolo il green deal e la sostenibilità: inquiniamo felici. Il bello è che chi ci fa queste proposte è anche responsabile delle delocalizzazioni in “quei paesi”. Quando la Cina inquina diciamo che dobbiamo inquinare anche noi, altrimenti non siamo competitivi. Se sviluppa tecnologie che non inquinano, diciamo che non possiamo fare altrettanto perché non abbiamo tecnologie competitive rispetto alle sue.
Solo un popolo bue può accettare queste contraddizioni. Non credo che esista un complotto per mantenerci in questo stato conoscitivo, ma credo che questo sia il risultato di sistemi di formazione e divulgazione inadatti alle sfide che dobbiamo affrontare. Gli altri paesi avanzano velocemente, noi siamo fieri di arretrare!
Nota: una volta, a lezione, parlando del bue, mi venne un dubbio. Che differenza c’è tra il bue e il toro? Buio. Poi una mi dice: il bue è il maschio della mucca, il toro della vacca. Ah, e che differenza c’è tra mucca e vacca? Beh, una è la femmina del bue e l’altra del toro. Quando spiegai che il bue è un toro castrato mi fu chiaro che non avevano capito, visto che circolava il nome di Lorena Bobbit. Così disegnai uno schema alla lavagna per spiegare la differenza tra castrazione ed evirazione. Credo che per molti la castrazione chimica consista nell’immergere i testicoli dei maniaci sessuali in acido muriatico. Salvini si eccita al solo immaginare lo sfrigolio.
[Il blog di Ferdinando Boero ne “Il Fatto Quotidiano” online del 28 settembre 2024]