Enzo Maiorca, l’uomo dei record tra coraggio e paura del mare

di Antonio Errico

Diceva che aveva paura del mare. Probabilmente era vero.  Chiunque ne conosca la potenza, la profondità, il mistero, ha paura del mare.

Enzo Maiorca diceva di aver paura del mare. Perché ne conosceva la potenza misteriosa. Per questo non lo ha mai sfidato. Se una sfida c’è stata, per rivale ha avuto soltanto la sua stessa possibilità. Forse Enzo Maiorca non si confrontava con la profondità del mare. Forse il mare non era altro che un pretesto. Maiorca si confrontava con la sua profondità di uomo, come fa ogni uomo, in fondo. Voleva capire fino a che punto poteva arrivare dentro di sé. Dentro di sé non ci sono mai metri: ci sono abissi immisurabili. Forse era dentro quegli abissi che scendeva. Quando nel 1988 arrivò a -101 metri, era un uomo di cinquantasette anni. Non venti, trenta, quando il respiro è un portento. Non quaranta, quando respiro ed esperienza si combinano in un miracolo. Cinquantasette. Giù, per 101 metri. Giù, dove il mare è mare, come dice Stefano D’Arrigo nell’ultima frase del suo mirabile “Orcynus orca”. Come si fa a sapere quali pensieri attraversino la mente, a quella profondità. Come si fa a sapere se esistano pensieri, o se esiste soltanto una pulsazione del cuore, una domanda di grazia da parte dei polmoni. Come si fa a sapere. Diceva che aveva paura del mare, Enzo Maiorca. Sono convinto che fosse vero. Lui sapeva perfettamente che avventure straordinarie come le sue hanno bisogno di sacrificio, esperienza, coraggio, umiltà, dedizione, preparazione, fortuna. Poi la fortuna si può chiamarla caso oppure Dio. Ma c’è bisogno di fortuna, del caso, di Dio. Di questo a vent’anni, a trenta, si ha consapevolezza, senza dubbio. A cinquantasette la consapevolezza diventa  cognizione incisa nella corteccia cerebrale.

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