Incontri con Rafael Alberti

Bodini ne parla in un articolo dal titolo Incontro con Rafael Alberti, pubblicato il 2 gennaio 1962 sul settimanale “Il Mondo”, a cui collaborava con la rubrica “Lettere spagnole”. Era andato lì, invitato dall’editore Mondadori che gli voleva affidare appunto la traduzione delle poesie di Alberti, con il quale era già in contatto epistolare, e nell’articolo ne traccia un acuto ritratto rivolgendogli anche alcune domande sulla sua vita e sulla sua attività letteraria. Il volume, di ben 650 pagine, che uscì, come s’è detto, nel 1964, ed è stato riedito nel 1998 negli Oscar Mondadori, comprendeva una larga scelta della produzione poetica, dal 1924 al 1957. Nella Prefazione, Bodini ripercorre rapidamente le tappe principali della poesia di Alberti, il quale esordì giovanissimo con la raccolta Marinero en tierra (Marinaio a terra) (1924). Qui il motivo principale è il rimpianto del mare da parte dell’autore che a quindici anni aveva dovuto abbandonare la Baia di Cadice per trasferirsi con la famiglia a Madrid. A questo libro seguirono La amante (L’amante) (1926) Cal y canto (Calce e canto) (1929) e, soprattutto, Sobre los ángeles (Sugli angeli) (1929), giudicato da Bodini “uno dei libri più strani e più belli che siano stati creati dalla poesia surrealista” (p. XV).  

Dal surrealismo Alberti arriva poi  alla poesia marxista e rivoluzionaria degli anni Trenta, anche in seguito agli avvenimenti politici della sua Spagna. Nascono così libri come El poeta en la calle (Il poeta nella strada) (1935) e Entre la clavel y la espada (Fra spada e garofano) (1941), dove mette la sua poesia “prima al servizio della rivoluzione sociale, poi a quello del suo popolo in lotta contro il fascismo internazionale” (p. XVII). Al periodo dell’esilio in Argentina risalgono, invece, Retornos de lo vivo lejano (Ritorni della vita lontana) (1952) e Baladas y canciones del Paraná (Ballate e canzoni del Paraná) (1954). L’ultima sezione presente nel libro è intitolata La primavera de los pueblos (La primavera dei popoli) (1957).

Dopo questa ampia antologia, Alberti pubblicò, sempre nella collezione “Lo specchio” di Mondadori e con la traduzione di Bodini Poeta en la calle. Poesia civile 1931-1965 (1969), e Roma pericolo per i viandanti (1972).

Nel 1976 conobbi direttamente il poeta spagnolo che venne per la prima volta a Lecce, accompagnato dal chitarrista di flamenco Sergio Perez, non in ricordo di Bodini, come è scritto erroneamente in un farraginoso articolo che circola in Rete,  ma per un recital di sue poesie e di canzoni popolari andaluse.

La serata si svolse il 30 gennaio di quell’anno nella saletta della Libreria Adriatica, dove il titolare, Mino Carbone, organizzava spesso incontri culturali con la presenza di noti scrittori. Di quella memorabile manifestazione pubblichiamo due preziosi documenti fotografici che mi ha gentilmente trasmesso la signora Daniela Mazzotta, vedova Carbone. Il primo ritrae Alberti mentre declama le sue composizioni, il secondo, invece, la saletta affollata della Libreria nella quale si può riconoscere il poeta Ercole Ugo D’Andrea, seduto in seconda fila, primo a sinistra, mentre sullo sfondo si intravede, quasi irriconoscibile invece, accanto ad altri spettatori, lo scrivente appoggiato al muro.

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 Firma di Rafael Alberti.

Ovviamente mi precipitai all’Adriatica portando con me il volume mondadoriano delle Poesie, che forse quella sera avevo solo io. Alla fine, il poeta mi appose la sua firma sul foglio di sguardia, ma prima ricordo che mi chiese meravigliato: “Dove l’hai trovato? Il libro è ormai esaurito”. Io gli risposi che l’avevo trovato presso una libreria Remainders. Allora fece un sorriso compiaciuto. Sotto la firma, a matita, per non dimenticare, segnai la data tra parentesi: “(30 – 1 – ’76)”.

La seconda volta che ebbi la fortuna di vedere e ascoltare Alberti fu in occasione del Convegno nazionale di studi su Bodini organizzato dalle università di Roma, Bari e Lecce per la ricorrenza del decimo anniversario della scomparsa dello scrittore. Il poeta andaluso partecipò sia alle Giornate romane (1-3 dicembre 1980) che a quelle leccesi (10-12 dicembre 1980), nel corso delle quali anch’io tenni due relazioni. Potei seguire quindi anche l’intervento che Alberti tenne a Roma e che poi replicò sostanzialmente a Lecce. Esso si può leggere nel volume degli Atti, Le terre di Carlo V. Studi su Vittorio Bodini, a cura di O. Macrì, E. Bonea. D. Valli (Galatina, Congedo, 1984), col titolo En el homenaje a Vittorio Bodini, alle pp. 611-615. Nel capoluogo salentino, il poeta prese la parola il 10 dicembre non presso l’aula magna dell’Università o l’auditorium del Museo provinciale dove si svolsero le altre sessioni, ma in una sede “esterna”, il Cinema-Teatro Massimo, rievocando il suo lungo sodalizio artistico e umano con Bodini.

No, non sei morto, odo,

odo ancora il tuo riso,

il passo ti si rompe nella strada notturna,

ecco il tuo braccio,

il tuo affetto che arde,

poeta che con me, nella mia lingua,

ripetevi le cose

dell’animo, mio tragico

fratello,

così presto finito, e non dovevi,

adesso che toccavi,

che si udiva

al suo colmo la tua voce tracciare

trafiggendo l’oscuro

il durevole segno luminoso…

L’11 dicembre, alla fine della seduta pomeridiana, gli organizzatori chiesero a me, che ero il segretario del Convegno leccese, di accompagnare Alberti all’aeroporto di Brindisi dove doveva prendere il volo per Roma. Io fui ben felice di accettare questo incarico. Avevo portato in macchina un altro suo libro tradotto da Bodini, Degli angeli  (Torino, Einaudi, 1966) che avevo appoggiato sul cruscotto. Quando lo vide, Alberti lo prese, mi chiese una penna e sul primo foglio bianco tracciò un disegnino che rappresenta ancora per me una figura enigmatica, di difficile decifrazione. Poi appose la seguente dedica: “A Lucio Giannone | su amigo | R Alberti | Lecce – Bodini |11 – dic. – 1980”.

Ma il poeta spagnolo continuò anche dopo a ripensare al rapporto con Bodini e il Salento. Nel 1986, sul n. 25-27 (gennaio-marzo) della rivista “l’immaginazione”, apparve una sua poesia, dal titolo Barocco leccese, che si può interpretare ancora come un omaggio all’amico poeta e traduttore che aveva scelto proprio il barocco come chiave di lettura della sua città, Eccola sempre nella traduzione di Francesco Tentori,:

Disegnino con dedica di Rafael Alberti a Antonio Lucio Giannone.

Non è mia intenzione però, qui, approfondire il rapporto con Bodini che è stato già adeguatamente studiato da Simone Giorgino in un saggio ora compreso nel vol. Eretico barocco. Una linea meridiana nella poesia italiana del Novecento (Roma, Carocci, 2024), appena uscito. Dirò solo che Alberti, nel suo discorso, partiva proprio dal primo incontro tenuto, come già s’è detto a Milano, nel 1962, da cui iniziò una “verdadera amistad”. Poi citava alcune poesie di Bodini di cui ricordava il periodo da lui passato nell’Andalusia facendo l’antiquario e metteva in rilievo l’affinità con i poeti spagnoli del Sud “arábigoandaluses”. Come omaggio al poeta leccese traduceva due sue composizioni, tra le quali Le mani del Sud, dedicata proprio a lui, promettendo una traduzione più ampia della sua produzione che però non riuscì a realizzare. Alla fine citava alcuni versi della lirica che aveva composto due anni dopo la scomparsa dell’amico. La riportiamo qui integralmente nella traduzione di Francesco Tentori Montalto:

Portami al sud al sud, all’aria aperta

della sua grazia soleggiata e pura.

Lasciami nell’orto,

nel verziere fiorito

del suo alto giardino rinverdito,

bizzarra agricoltura,

fonte e ricciuto mare di pazzia,

meraviglia

della più luminosa architettura.

Là sognerò, perso anch’io nel delirio,

d’essere una colonna innamorata,

ardito capitello risplendente,

di foglie coronato,

una voluta di acanto rotante,

cariatide infuocata,

leone che rovina,

uccello la cui rotta è sconosciuta,

cornice, basamento

della più alta gloria,

levata sulle lamine del vento.

Ma, prima di finire, devo dar conto ancora di un altro incontro, stavolta virtuale, con Alberti. Una domenica dei primi anni Duemila, su una bancarella di libri usati, nel corso di una visita del mercatino mensile dell’antiquariato di Lecce che compivo abitualmente a fine mese, vidi un libro che colpì subito la mia attenzione. Si trattava del già citato Roma pericolo per i viandanti, tradotto da Bodini due anni prima della morte, che ancora non avevo. Non me lo feci scappare, tanto più che quando lo presi in mano mi accorsi che pure questo portava nel foglio bianco un disegno di Alberti, che raffigurava un gatto. Era il simbolo di uno dei tanti felini che popolavano le strade e i vicoli della capitale, soprattutto del quartiere di Trastevere, percorsi in lungo e in largo, soprattutto di notte, da Alberti e Bodini per tanti anni. Mi sembrò un segnale dei due poeti giunto a me per vie misteriose.

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