Nell’essenzialità dei cenni storici, il volume si propone come una guida: non un itinerario ma una guida funzionale a chi intenda scoprire le stratificazioni che fanno di un luogo quello che è.
Gli autori attraversano i territori con la curiosità dello storico e il passo stilistico del narratore. Si soffermano sui particolari, indagano i segni, decodificano, interpretano. Perché ogni luogo richiama un’interpretazione infinita; intorno ad esso si forma una ragnatela di segni che provengono da una lontananza di tempo o che ad una lontananza rinviano. Rintracciare questi segni, stabilire o costruire le loro relazioni, comparare i loro significati, perforare le loro stratificazioni, indagare nella memoria della terra, decodificare i linguaggi della pietra, vuol dire confrontarsi con l’origine, con la natura intima dei luoghi, con il lievito, l’essenza della storia di tutti e di ciascuno.
Sembra che alle volte cerchino quella che James Hillman chiama l’ anima dei luoghi: quelle forme che provengono dal passato, quelle espressioni che sono in grado di rappresentare com’erano quei luoghi e com’erano le creature che li abitavano, consentendo le comparazioni, le valutazioni.
Spesso non è facile individuare l’elemento che costituisce l’anima dei luoghi. Qualche volta il tempo la sommerge, qualche volta la nasconde. Allora lavori come questo di Pascali e di Capone qualche volta aiutano ad immaginare dove possa essersi nascosta l’anima, da chi o da cosa o perché è stata sommersa. A volte si immagina con un tratto del disegno. A volte con la modulazione di una descrizione.
[“Nuovo Quotidiano di Puglia”, giovedì 12 settembre 2024]