Inchiostri 126. Primo inchiostro romano

di Antonio Devicienti

Nell’ombra serena del Cimitero acattolico ho cercato la tomba di Gramsci (avevo con me le Ceneri di Pasolini e seguivo l’immagine dello straccetto rosso annodato al collo dei partigiani, dei garofani ugualmente rossi), poi quella di Amelia.

Nella quiete amichevole delle piante si percorrono stretti camminamenti, si sale un po’ fino a una lastra di pietra, semplice, che segnala il luogo della sepoltura. Più di una persona ha lasciato dei sassolini sulla tomba di Amelia. Qui non ci sono ridondanze né retoriche figurazioni, ma un’affabile semplicità, una luminosissima ombra che invita a sostare, a ricordare.

Da Via del Corallo a qui (qui è Porta San Paolo, è la Piramide Cestia, sono le Mura aureliane) il volo di Amelia ha trovato quiete; la sua poesia continua ad avere eco di necessaria parola, cadenza di viticchi d’edera, ma colmi di dolore eppure luminosi di parole.

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