Introduzione a Piero Pascali – Daniele Capone, Nei luoghi della Sirena. Dal mare di Gallipoli alle Serre salentine

di Daniele Capone

In uno dei suoi ultimi romanzi, Riccardo Bacchelli, grande e prolifico scrittore che ha attraversato l’intero Novecento letterario italiano, racconta di due innamorati che compiono un viaggio su un piroscafo che lambisce le coste del Salento[1]. «Candida soleggiante protesa sul mare nel ceruleo suo abbraccio» appare ai due protagonisti Gallipoli vista dal piroscafo. Protesa sul mare l’antica Città sull’isolotto, e proteso sul mare il Borgo sulla terraferma, cui fanno ala due vaste radure «lunate a settentrione e a mezzodì della città», «gaia amena e bellicosa a un tempo»; sonnolenta, quasi levantina – aggiungo – in quegli anni Sessanta del secolo scorso in cui la cittadina aveva da lunghissimo tempo perduto il suo ruolo di fiorente porto e di fortezza marittima e non era ancora assurta a centro di turismo notissimo in tutta Europa.

Un paio di anni fa sono dovuto andare a Lugo di Romagna, in provincia di Ravenna. Dalla stazione ho dovuto prendere un taxi per raggiungere la mia destinazione. Una mezz’ora d’auto. Tutto il tempo per chiacchierare con il giovane tassista. Aveva visto da studente delle medie i mosaici bizantini di Ravenna, ma non sapeva nulla – stavo per dire “ovviamente” – degli affreschi, delle cripte e delle chiese del Salento, della sua bizantinità ovunque sparsa, né sapeva nulla neppure di Lecce, se non per sentito dire. Gli si illuminarono gli occhi solo quando mi udì pronunciare il nome di Gallipoli: alcuni suoi amici c’erano stati e gli avevano raccontato cose come quelle dell’Eldorado. Gli feci presente che lui viveva a un tiro di schioppo dalla celebre Riviera, da località come Marina di Ravenna, Milano Marittima, Cervia, Cesenatico… Nulla da fare. Per lui, i suoi amici, i giovani come loro, Gallipoli era un’altra cosa. Una sorta di Ibiza, una centrale di “divertimentificio” che non aveva paragoni. Così va il mondo. Purtuttavia, fatta la tara a un’idea di turismo di massa un po’ cafone (ma l’amministrazione gallipolina lavora alacremente per una proposta turistica di maggiore qualità, come riferito dalla stampa locale nei mesi di febbraio-marzo quest’anno), turismo di massa che ha ridato fiato a una città la quale, dopo la fine dell’età del­l’oro legata al commercio dell’olio e del vino, era malinconicamente decaduta, resta comunque nell’immaginario collettivo l’idea di una città bellissima, d’un mare senza paragoni. E così è.

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