Ecco, questa frase del Buonarroti, “con buona fama e onore e senza peccato”, mi sembra che si attagli perfettamente a Donato Minonni, il quale ha lavorato in tutta la sua carriera non per seguire il Dio Mammona – «Non potete servire a Dio e a Mammona» dice il Vangelo di Matteo -, ossia il guadagno smodato e il successo, ma solo “buona fama e onore”, ed inoltre “senza commettere peccato”, il che ci riporta alla dimensione spirituale in cui nascono le sue opere di arte sacra, sorrette dalla fede intima dell’autore. Nelle forme stilizzate di Minonni non esistono asprezze, stacchi improvvisi, ma soffici rotondità; l’imperante verticalismo che caratterizza in maniera decisa tutta la sua produzione, non solo quella che possiamo ammirare per esempio qui a Taurisano o anche nel suo ultimo Vanini, risponde ad un’ascesi interiore che è insieme umana solidarietà, nel bisogno di comunicare col proprio simile; è, cioè, volontà espressa di innalzamento spirituale. Il classicismo che sottende la sua opera (nel quale, è evidente, affonda le radici la sua formazione) è temperato, bilanciato direi, dalla tensione evolutiva del suo percorso creativo. La fede, intimamente vissuta dall’autore, si esprime in quel verticalismo di cui dicevo, che emblematizza l’ansia di ascesi, l’avvertita esigenza di mettersi in contato con il divino ed è così che l’opera, da artigianato, mera esecuzione, diventa arte, per la quale non sarà mai pronunciato invano il noto motto oraziano:“exegi monumentum aere perennius”.
Dice bene Mario Spedicato nella Prefazione del libro: “Donato Minonni ha insegnato nella sua diuturna attività professionale che la serenità d’animo si conquista con il lavoro tenacemente perseguito, che qualsiasi opera deve riflettere il profondo sentire dell’artista, che la bellezza del manufatto è data dal patrimonio delle conoscenze utilizzate per realizzarlo, che la materia con la quale conseguirla, pur diversa e non sempre addomesticabile, ha una sua intelligibilità che va assecondata e rigorosamente rispettata. Si rifiuta di scolpire con la violenza manuale o di dipingere con la trasgressione del pennello, scegliendo in buona sostanza i canoni esecutivi sperimentati dai grandi della letteratura, dagli autori classici a quelli più moderni, consapevole che la novità o la modernità non può essere uno sfregio del passato, ma solo un adattamento con tecniche perfezionate alle attese e ai gusti della contemporaneità”.
Un intimo impulso spirituale, dunque. Spedicato parla di “francescanesimo di Donato Minonni” e a me piace ripetere quella bellissima frase di San Francesco D’Assisi, o almeno a lui attribuita, che dice: “Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani, la sua testa ed il suo cuore è un artista”. Salute e complimenti a Donato Minonni.
[Relazione letta in occasione della presentazione del libro La mano e l’intelletto. Omaggio a Donato Minonni, a cura di Mario Spedicato (“I Quaderni de L’Idomeneo”, Società Storia Patria Puglia sezione di Lecce, Taurisano, Tipografia Centrostampa, 2023), presso l’Aula Consiliare del Comune Taurisano, 18 febbraio 2023, ore 17.30.]