Racconti sovietici 9. Quarantunesimo 10

«Stai ancora rinfacciando le cose vecchie? Che cavillatore! Quel che è stato è stato, e se n’è andato. Se mi ero accanita contro, lo avevi meritato. Il cuore mi si era agitato nel vederti insicuro come una donnicciola o un pulcino spennacchiato. Mi sono sentita offesa nei sentimenti! Mi sei entrato nel cuore, mi hai turbato l’anima, sconvolto il mio mondo interiore, diavolo che non sei altro, dagli occhi blu.»

Il tenente con una sonora risata si buttò supino sulla sabbia calda, si mise a scalciare.

«Cosa ti prende? Hai perso qualche rotella?» – si inquietò Marjutka.

Il tenente rise ancor più forte.

«Ehi, pazzoide! Dimmi, cosa ti prende?»

Ma il tenente non cessò di ridere, finché Marjutka non gli diede un pugno nel fianco.

Si alzò in piedi, si asciugò sulle ciglia le lacrime della ridarella.

«Allora, cosa sono tutte queste risate a squarciagola?»

«Sei proprio una ragazza stupenda, Maria Filatovna. Metteresti chiunque di buon umore. Persino un morto ti seguirebbe e si butterebbe a danzare con te!»

«E tu cosa credevi? Sarebbe meglio comportarsi come un tronco di legno in una buca nel ghiaccio, non arenandosi né ad una né all’altra sponda? In modo che fosse, per se stesso torbido, e per tutti gli altri vomitevole?»

Il tenente nuovamente grugnì in una risata. Diede qualche pacca leggera sulla spalla di Marjutka.

«Evviva a te, la zarina delle amazzoni. Venerdì, la mia carissima. Mi avevi sconvolto e cambiato bruscamente, apportando nelle vene l’elisir di vita. Non desidero più essere come un tronco di legno in una buca nel ghiaccio, secondo il tuo espressivo vocabolario. Vedo da me, che è troppo presto per pensare al mio ritorno ai libri. No, si deve ancor continuare a vivere una vita dinamica, serrare, scricchiolare i denti, azzannare alla maniera di un lupo, in modo che senta, chi di dovere, le zanne!»

«Ma che? Sogno o son desta, vedendo che hai messo la testa sulle spalle?»

«E sì, ce l’ho, cara mia! Eccome, se ce l’ho! Grazie a te, per il tuo insegnamento! Se dovessimo metterci adesso dietro ai libri e lasciare la terra a voi per uso e consumo totali, fareste di lei tali cose che le cinque prossime generazioni, con lacrime di sangue, avrebbero da ululare. No, stupidona mia cara. Se una cultura va contro un’altra cultura, lo scontro deve essere definitivo. Finché…»

Interruppe, soffocando.

Le sferette di blu oltremare si puntarono all’orizzonte, si strinsero in una fiammata di gioia.

Allungò il braccio e disse sommessamente con voce tremante: «Una vela.»

Marjutka saltò su, sollevata da una spinta interna, e vide: lontano lontano, sulla linea indaco dell’orizzonte, si incendiava, tremava, oscillava una piccola scintilla bianca, una vela agitata al vento.

Marjutka si strinse il petto tremante fortemente con le mani, divorò con gli occhi, stentava ancora a credere a quanto aveva lungamente atteso.

Saltellando al suo fianco arrivò il tenente, la prese per le mani, staccandogliele dal petto, si mise a danzare, facendo girare Marjutka attorno a sé.

Danzava, sollevando in alto le sue magre gambe nelle lacere braghe, e cantava acutamente:

Biancheggia una vela solitaria

nella bruma del mare blu…

Tral-la-lle-ru! Tral-la-ru…

Blu! Blu! Blu!

«Lasciami, pazzoide!» – si liberò Marjutka ansante e felice.

«Mašen’ka! Stupidona mia cara, la zarina delle amazzoni! Siamo salvi! Lo vedi, siamo salvi!»

«Ahi, è così, diavolo forsennato, che non sei altro! Pure tu adesso vuoi ritornare dall’isola alla vita tra gli umani?»

«Certo che lo voglio, lo voglio! Te lo avevo già detto!»

«Aspetta!… Bisogna dare un segnale! Chiamare!»

«A che serve chiamare? Tanto arriveranno lo stesso.»

«E se si dirigono verso un’altra isola? I kirghisi dicevano che le isole qua sono innumerevoli. Potrebbero navigare oltre. Porta una carabina dalla casupola!»

Il tenente si buttò verso la casupola. Uscì da lì, gettando in su la carabina, come un giocattolo.

«Non fare lo scemo!» – gridò Marjutka. «Spara subito tre colpi!»

Il tenente avvicinò la carabina alla spalla. Gli spari sordamente strapparono il silenzio vitreo, dopo ogni colpo il tenente oscillava e soltanto allora comprese sino a che punto si fosse indebolito.

La vela oramai si distingueva nitidamente. Grande, giallo-rosa, correva sull’acqua come l’ala di un allegro uccello marino.

«Che diavolo è» – borbottò, fissando, Marjutka. «Ma che razza di barca è? Non sembra per niente il solito battello peschereccio, è troppo grande.»

Sull’imbarcazione avevano sentito gli spari. La vela oscillò, si appostò di colpo dall’altra parte e, inclinandosi, corse di linea retta verso la riva.

Sotto un’ala giallo-rosa emerse dal blu delle acque un basso scafo nero.

«Non sarà altro che un battello del capo ispettore della pesca. E chi è che se ne gironzola in questa stagione? Non riesco a capire!…» – continuò a borbottare Marjutka sommessamente.

A distanza di una cinquantina di sagene, l’imbarcazione nuovamente virò di tribordo. In poppa si sollevò la sagoma di un uomo e, facendo le mani a megafono, si mise a gridare qualcosa.

Il tenente diede uno strattone, si inclinò in avanti, lanciò la carabina sulla sabbia e con due salti si trovò con i piedi nell’acqua. Allungò le braccia e, come uno uscito di senno, si mise ad urlare: «Hurrà!.. I nostri!.. Più presto, signori, più presto!»

Marjutka puntò le pupille sul battello e vide… Sulle spalle dell’uomo, seduto alla barra del timone, luccicavano d’oro le mostrine.

Si lanciò da una parte all’altra, come una chioccia allarmata, cominciò a tremare.

Le balenò negli occhi la memoria di un lampo lontano, scoprì un frammento: ghiaccio… Il blu dell’acqua… La faccia di Evsjukov. Le parole: «Se per caso dovessi imbatterti nei Bianchi, non consegnarlo vivo.»

Esclamò ‘ah’, si morse le labbra e afferrò la carabina buttata.

Con un grido di disperazione, urlò: «Ehi, tu… Cadetto schifoso! Indietro!… Indietro, ti dico, accidenti!»

Stando dentro l’acqua fino ai polpacci, il tenente continuò a far cenni con le mani.

All’improvviso sentì dietro la schiena un assordante, solenne fragore di un pianeta perito nella tempesta e nel fuoco. Non si rese conto del perché, balzò da un lato, nel gesto estremo di salvarsi dalla catastrofe, e questo fragore della distruzione del mondo fu per lui l’ultimo suono terrestre.

Marjutka guardava insensatamente il tenente caduto, battendo, inconsapevolmente, chissà perché, il piede sinistro.

Il tenente cadde con la testa nell’acqua. Dentro il cristallo oleoso si spandevano i rivoletti rossi dal cranio fracassato.

Marjutka fece qualche passo in avanti, si chinò. Con un urlo, diede uno strattone sul petto alla camicia militare, facendo cadere di mano la carabina.

Nell’acqua oscillava, sul filo rosa del nervo, un occhio saltato fuori dall’orbita. La sferetta blu oltremare guardava con perplessità e compassione.

Marjutka si gettò con le ginocchia nell’acqua, tentò di sollevare la testa morta, orrendamente deturpata e all’improvviso cadde sul cadavere, dibattendosi, imbrattandosi il viso nei grumi purpurei e, con un ululato greve e opprimente, levò le grida di lamento: «Amore, amore mio bello, adorato! Ma che cosa ho combinato? Riprenditi, alzati, ti supplico! Oh, cuore, cuore mio bello, dagli occhi blu!».

Dal battello, arenato sulla sabbia, guardavano gli uomini allibiti.

Leningrado, novembre 1924

(Fine)

[Traduzione dal russo di Tatiana Bogdanova Rossetti]

Note del Traduttore

1 Saksaul o haloxylon (bot.) – una pianta desertica.

2 Kolčiak, Alekssandr Vassilievič, ammiraglio russo, (1875-1920). Nel 1917 organizzò un’armata controrivoluzionaria in Siberia. Battuto dai bolscevichi, venne processato e fucilato.

3 Khan Tochtà (secolo XIV) dei tempi dell’Orda d’Oro, considerato un eroe nazionale dalle popolazioni asiatiche di Russia.

4 Tamašà è una danza guerriera orientale. Qui: star fermi, non agitarsi! 

5 Denikin, Anton Ivanovič, generale russo (1872-1947). Comandante dell’esercito contrivolizionario dei Bianchi (1918). Sconfitto dall’Armata Rossa nel 1919, abbandonò la Russia.

6 “Tempi nuovi”.

7 Antica misura di lunghezza russa, pari a 7 piedi = 2.1336 m.

Questa voce è stata pubblicata in I mille e un racconto, Racconti sovietici e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *