Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la prima donna laureata nel mondo (sec. XVII)

     Il padre, accortosi delle doti intellettive della figlia, ne favorì in tutti i modi la crescita culturale, assicurandole la migliore istruzione. Elena si dedicò dapprima allo studio delle lingue antiche, poi di quelle moderne; infatti ne parlava correttamente sette, cioè la nativa italiana, la latina, la greca, l’ebraica, l’araba, la spagnola e la francese. Si dedicò anche alla poesia, componendo versi eleganti che “peritissima nella musica solea accompagnare al suono d’arpa.  E  il suo sapere non si contenne solo entro i confini della letteratura, ma si lanciò nel vasto campo delle scienze più estruse e severe”. A tal proposito Gonzati dice: “per erudirsi nelle quali sen’venne a Padova, nel prestigioso palazzo Cornaro (di cui fanno parte l’odierna Loggia e l’Odeon Cornaro, fatto costruire dal trisavolo Alvise, ndr) ad ascoltare le lezioni di filosofia che privatamente le erano dettate da Carlo Rinaldini 1, anconitano, professore di grido nella nostra Università”. E ancora “e tanto rapidi e singolari furono i profitti che ne riportava, da essere coronata dalla laurea dottorale. Nel giorno solenne l’aula dell’Università si giudicò troppo angusta a contenere la folla degli ammiratori (fonti contemporanee parlano di 30.000 persone, ndr) a cui bastarono appena le ampie navate della nostra chiesa cattedrale. ‘Doctrix et magistra’ è il titolo che le fu conferito dagli accademici patavini a conclusione della sua esposizione di due tesi su Aristotele. Il terzo volume edito e curato dalla redazione di “Il Bo Live” della collana dal titolo “Raccontami di Lei. Ritratti di donne che da Padova hanno lasciato il segno” riporta il verbale della seduta di Laurea a cura di Pietro Greco (1955-2020), giornalista scientifico e scrittore che dice: “Sabato 25 giugno 1678. Convocato il Sacro Collegio per l’esame di filosofia dell’Illustrissima Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, per la moltitudine di gente e per l’angustia del solito luogo fu necessario portarsi nella Cattedrale e riconvocare il Collegio nel Sacello della Beatissima Vergine Maria, davanti agli Illustrissimi ed eccellentissimi rettori della città, il podestà Girolamo Basadonna e il capitano Alvise Mocenigo, il reverendissimo vicario Alessandro Mantovano e il generosissimo vicesindaco [] e alla fine Carlo Rinaldini si alzò prontamente e davanti a tutte le persone suddette con un’elegante ed erudita orazione lodò la nobiltà e le virtù della predetta valorosa giovane con sommo plauso degli uditori e alla fine le cinse il capo della corona d’alloro, le porse i libri, le infilò l’anello e le coprì le spalle con un mantello di pelliccia”. Fiori, versi, corone ed altri segni di straordinaria allegrezza resero più bella la festa che seguì nel 20 giugno del 1678; ed a perpetuare a memoria il Collegio filosofico coniava una medaglia, sul cui diritto scolpiva l’immagine della nuova consorella, e nel rovescio una conchiglia che si apre a  bere  la rugiada del cielo, col motto: non sine foenore. La laurea della Piscopia aprì le porte alla parità di diritto allo studio per le donne. Altre onorificenze le tributava l’Accademia dei Ricovrati, a cui ella apparteneva; e il clero, la nobiltà, gli scienziati, ogni ordine insomma di cittadini, e più il popolo minuto, riguardavala e la celebrava come prodigio. Gonzati scrive: “e l’ammirazione verso di lei crebbe ancor più quando poco appresso applicavasi allo studio della teologia sotto la direzione del p. Ippolito Marchetti da Camerano che per ammaestrarla fu ospite della Corner per ben cinque anni”. E se in questa scienza (teologia, ndr) non ebbe a riportar l’alloro, ciò fu perché, dietro l’avviso di uomini riputati, fu stimata cosa contraria alla sentenza di S. Paolo che proibisce alle femmine di far maestre nella chiesa”.

Università di Padova, Estratto del verbale di laurea: “Helena Lucretia Cornelia predicta philosophię magistra et doctrix acclamata fuit”

     La Cornaro si doveva laureare in Teologia, ma il vescovo di Padova, cardinale Barbarigo2, allora cancelliere dell’Università, si opponeva alla laurea di una donna, contrastato però dal Collegio universitario, tra cui padre Felice Rotondi3. Il cardinale Barbarigo non concesse il suo dovuto consenso, ritenendo inconcepibile di “addottorar una donna, e soprattutto in Teologia”. Dissidi c’erano già stati tra Università e Santa Sede perché l’Ateneo di Padova non poneva pregiudizi di sorta sulla fede religiosa degli iscritti, ritenendo di dover valutare la qualità culturale dell’allievo e non quella di carattere confessionale.   La diatriba iniziò nel 1669 e si protrasse fino al 1678 quando si riuscì a convincere il prelato ad accettare che ad Elena Lucrezia fosse consentito di laurearsi, però in filosofia. E Pietro Greco nel suo articolo del 28 dicembre 2020 dal titolo “Padova stupisce il mondo, laureando una donna” si sofferma sul fatto che era la prima volta che veniva proposta la laurea per una donna e “addirittura in Teologia”. E Patrizia Carrano nel suo libro “Illuminata” afferma: “L’iniziativa suscita molto scalpore e alcune perplessità: mai alcuna donna era stata laureata in qualsivoglia Università d’Europa, dunque del mondo. In più la richiesta riguarda il dottorato in Teologia, considerata materia di esclusivo appannaggio del genere maschile”. E la scrittrice Antonia Arslan, a proposito del Volume “Raccontami di Lei”, che tratteggia le vicende di personalità femminili che hanno in comune la città di Padova, dice: “Quell’affascinante caleidoscopio di vite vissute con uno slancio vigoroso e affermativo, ciascuna seguendo la sua propria stella, nel corso dei secoli che vanno dal Quattrocento al Novecento”.

     Gonzati asserisce: “Sarebbe lungo il dire di que’ molti che d’Italia e d’oltremonti trassero a visitarla, e conoscerla davvicino; ma fra questi non taceremo i nomi del cardinale principe di Buglione, di quello d’Estrèes e del Lugravio d’Assia. Un avvenimento assai clamoroso nel 1683 valse via ad accrescere la sua rinomanza più grande. In quell’anno le armi cristiane aveano riportate vittorie gloriose contro la potenza ottomana, sconfitta sotto le mura di Vienna. A mostrar qual viva parte prendesse a sì prosperi eventi, Lucrezia scrisse lettere gratulatorie al sommo pontefice Innocenzo XI, a Leopoldo I imperatore, a Giovanni III Sobieski re di Polonia e al duca di Lorena Carlo V. Ne ebbe da ognuno le più ampie risposte. […].

Molti e di gran casato, fra cui un principe della Germania, ambirono all’onore della sua mano; ma Elena Lucrezia, nella quale non sapremmo se la virtù vincesse il sapere, s’era già sin da giovanetta dedicata al Signore con voto di perpetua verginità, per il quale volle obbliarsi eziandio a vivere secondo le regole di s. Benedetto. E rimasta tuttavia nel secolo per compiacere alla volontà dei genitori, visse nella propria casa coll’austerità e la ritiratezza d’una claustrale”. Padre Zaramella scrive: “tramutando le stanze del palazzo in un monastero di contemplazione e di studio, imitando in questo, i monaci benedettini, cui era associata come oblata”.  E Gonzati: “a mitigare i mali che da qualche tempo la molestavano, cagionati forse o dalla troppo intensa applicazione sui libri, o dal rigido tenore di vita che avea intrapreso fu mandata dal padre a Padova nel suo Palazzo posto nella contrada del Santo; e qui tra gli esercizi di pietà e i prediletti suoi studi corse il restante della vita che le durò fino a trent’ott’anni. Morì il 26 luglio 1684 come risulta dai registri necrologi patavini e l’epigrafe nella basilica di S. Giustina ove la Piscopia con singolar privilegio, fu deposta nella cappella delle sepolture de’monaci e precisamente nella cappella di san Luca”. L’epigrafe recita:

                                                                   D.O. M.

Helenae Lucretiae Corneliae Piscopiae

Ioan Baptistae D. Marci Procuratoris filiae,

quae moribus et doctrina supra sexum

et laurea ad memoriam posteritatis insignis

privatis votis coram Cornelio Codanino Abbate S. Georgii

Maioris venetiarum emissis S. Benedicti institutum

ab ineunte aetate complexa et religiose prosecuta

in monachorum conditorium ut vivens optaverat

Post acerba fata admissa est

Monachi H.M.P.P.

Anno Redemptoris MDCLXXXIV

     La lapide fu restaurata nel 1895 ad opera della badessa benedettina inglese Mechilde Pynsent la quale volle far conoscere in Inghilterra questa gloria del suo Ordine e fece scrivere in lingua inglese una vita di Elena. Narra in una sua memoria il prof. Carlo Francesco Ferraris (1850-1924), che nel 1895 era Rettore Magnifico dell’Università di Padova, che egli coadiuvò la Badessa nelle sue ricerche ed ottenne dall’autorità civile ed ecclesiastica il permesso di far aprire la sua tomba; ciò avvenne l’11 settembre 1895. Tolta la lapide, apparve la cassa di cipresso contenente la salma ridotta in polvere; i resti della salma vennero fotografati e il vecchio feretro fu messo in una nuova cassa di larice e la lapide rifatta nuova come si vede oggi.

Università di Padova, statua di Elena Cornaro Piscopia

     A distanza di un mese dalla morte, il padre Giovan Battista Cornaro prese contatti con i frati conventuali di S. Antonio per realizzare un cenotafio, a onore di tutta la famiglia, il quale fu portato a termine nel 1689; esso  era stato realizzato dallo scultore bassanese Bernardo Tabacco, fu posizionato nella navata centrale della basilica. A tal proposito p. V. Zaramella scrive: “Nel pilastro non portante tra i due più ampi che sopportano il peso della seconda cupola fu eretto un monumento non certamente largo e alto quanto quello del Contarini, ma piuttosto vistoso e solenne”. E continua: “non riesco a capire come mai la Piscopia Cornaro, oblata benedettina, non abbia avuto il monumento a s. Giustina ove spazio ce n’era di certo e nessuno avrebbe protestato. Sta il fatto storico che vollero elevare il monumento con statua di marmo della dottoressa nel pilastro non portante tra i due più ampi che sopportano il peso della seconda cupola”. Dice l’abate Gennari (1721-1800) che dopo la morte della dottoressa “sorgeva un grandioso mausoleo con colonne, statue, armi (stemmi, ndr) del quale ho una debole ricordanza [… ]; poi inventa, come gli succede, qualche volta, ossia dicesi che estinta la famiglia approfittarono per smobilitare il monumento troppo ampio e pesante, che ingombrava la chiesa e  collocarono la statua della filosofa all’università: ove ancora si trova”.

     Invece il Gonzati assicura che fu il fratello della dottoressa, Girolamo, a  snellire il mausoleo facendo scolpire da Giovanni Bonazza, nel 1727, un   busto in marmo bianco incavato nel pilastro per sostituire l’ingombrante monumento, che la veneranda Arca non tollerava; e vi aggiunse le ultime cinque righe di spiegazione del mutamento avvenuto. Epigrafe nella Basilica del Santo

A Dio Ottimo Massimo

A Elena Lucrezia Cornelia (Corner) Piscopia figlia del procuratore di s. Marco Giovanbattista – Eroina dalla suprema elevatezza d’animo, pietà, castità, dalla singolare perizia in ogni letteratura e in sette lingue, che ebbe da tutti i magnati d’Europa più o meno delle onorificenze e da Innocenzo XI pontefice massimo un super onorifico diploma e da Giovanni III re di Polonia aveva ricevuto delle lettere commendatizie al massimo, che, accantonate proposte di matrimonio di uomini in vista e principi, davanti ai prelati benedettini per primo votò la sua verginità a Dio. Poi tramutati gli amplissimi palazzi in ambienti di ascetica e di filosofia, le membra strette da cilici, si esercitò sempre più profondamente nelle contemplazioni con Dio e con la filosofia la mente, poi alla fine conseguì, unico caso a memoria di uomo, solennemente la laurea in filosofia nella celebre Università di Padova. PREVENNE LA corona che l’innocenza di costumi le si augurava dal cielo. Morì a Padova nel 1684.

     E “la statua” – come scrive lo storico Gennari – “di quella dotta ed illustre donna, appresso varie vicende, fu collocata nel 1773 nell’Università per la pietosa cura che se ne prese la nobildama Caterina Dolfin, donna anch’essa letterata, moglie di messer Andrea Tron, procuratore di s. Marco e riformatore dello Studio”.

     La Cornaro fu commemorata con un Francobollo di E 0.95, emesso dalla Repubblica Italiana l’8 marzo 2018 per celebrare le eccellenze italiane del sapere. Quattro esemplari dedicati al genio femminile e precisamente: a Maria Gaetana Agnesi, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, Eva Mameli Calvino, Ada Negri.

     Anni fa se ne celebrò il terzo anniversario della morte con la partecipazione di delegazioni di Università americane che scorgevano nella Cornaro un’antesignana del femminismo.

     Chiara Mezzalira, nel suo articolo del 4 gennaio 2021 dal titolo “La nobile austera devota a Dio e al sapere”, afferma: “Elena Cornaro è assurta a simbolo dell’intelligenza, della caparbietà e della capacità delle donne di fare parte di un mondo, quello accademico e intellettuale per secoli esclusivamente maschile. Simbolo di diritto all’accesso paritario all’istruzione, di uguaglianza dei diritti e di dignità”.

NOTE

1 Carlo Rinaldini (1615-1698) nel 1667 lasciò Pisa per Padova dove ebbe la cattedra di Filosofia. Fu proprio lui a chiedere che Elena Lucrezia potesse infrangere la tradizione e laurearsi a buon diritto in Teologia. Rinaldini avanza la domanda al Collegio dell’Università di Padova e con lui concorda il prof. Felice Rotondi, docente di teologia a Padova.

2 Gregorio Giovanni Gaspare Barbarigo, nato il 1625 e morto il 1697, fu vescovo di Padova dal 1664 fino alla morte; cardinale nel 1660, beatificato da papa Clemente XIII nel 1761 e canonizzato il 26 maggio 1960 da papa Giovanni XXIII.

3 Felice Rotondi (1630-1702), insigne teologo e metafisico, membro dell’accademia veneziana degli argonauti; docente emerito dell’Università di Padova e ministro generale dell’Ordine dei Francescani dal 1695 al 1701.

Bibliografia

P. Carrano, Illuminata. La Storia di Elena Lucrezia Cornaro, prima donna laureata al mondo, Milano, Ed. Mondadori, 2001;

G. Gennari, Memorie inedite sopra le tre chiese in Padova. Cattedrale, s. Giustina e Santo, Padova, Coi Tipi del seminario, 1842;

B. Gonzati. La Basilica di S. Antonio di Padova, Padova, Ed. A. Bianchi, 1853;

V. Zaramella, Guida inedita della Basilica del santo. Quello che del Santo non è stato scritto, Padova, Centro Sudi Antoniani, 1996;

www.ilbolive.unipd.it, Pietro Greco, Padova stupisce il mondo, laureando una donna, 28 dicembre 2020.

www.ilbolive.unipd.it. Chiara Mezzalira, La Nobile austera devota a Dio e al sapere, 4 gennaio 2021.

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